Attrice di teatro, cinema e televisione. Una voce inconfondibile, una predisposizione naturale al comico e una risata contagiosa. Un marito, Aldo Baglio, l’Aldo del trio “Aldo Giovanni e Giacomo” che condivide con lei la passione per la recitazione.
Lei è Silvana Fallisi, la siciliana della provincia di Siracusa che ha scelto Monza per vivere. E che sta per calcare le scene del Binario 7 con una nuova produzione di Agidi: “La morte balla sui tacchi a spillo” andrà in scena da venerdì 27 febbraio, a domenica primo marzo (sconto per i lettori del Cittadino col coupon sul giornale in edicola). Quattro repliche in tre giorni. Interpreta donna Tanina, maestra di un piccolo paese della Sicilia, che si prepara alla veglia funebre di Vituzza, donna dalla vita misteriosa e dissipata. Ma all’appuntamento non arriva nessuno: Tanina si interroga sulle possibili ragioni ricordando la vita della defunta.
Com’è possibile far ridere parlando di morte?
Si riesce eccome, ovviamente nel rispetto del dolore che genera la perdita di una persona cara. E lo so di per certo perché mi ricordo bene alcune situazioni che ho vissuto da piccola, in Sicilia, alla morte dei nonni e di altri famigliari. Involontariamente si creano alcune condizioni che ricalcano perfettamente gli stereotipi della commedia dell’arte e che finiscono per far ridere, se le si guarda con attento occhio critico. All’epoca, ricordo, ci si trovava per offrire l’ultimo saluto al defunto e si finiva per sparlare dei vicini davanti a un caffè. Mi vengono ancora in mente pettegolezzi davvero succosi. E ancora oggi, sono sicura, nei piccoli paesi del sud come del nord ci si comporta così. Non nelle grandi città, in quei posti no, perché la frenesia della vita quotidiana è troppo alta. Ma nelle comunità in cui si vive con più calma questi aspetti di convivialità nei momenti difficili tornano fuori. Ed è un bene, perché è insieme alle altre persone che si trovano le forze per superare le crisi.
Ci sono tratti in comune tra Silvana e donna Tanina?
No, anzi. Tanina è una maestra arcigna, io sono tutto il contrario. Per il suo personaggio mi sono ispirata, esagerando e parodizzando alcuni tratti, a una mia lontana parente. Era da tempo che custodivo in un cassetto l’idea di questo spettacolo: avevo pensato al personaggio, ho iniziato ad immaginare alcune scene e alla fine ho deciso di parlarne con Corrado Accordino – avevo già lavorato con lui un paio di anni fa in “Era ora”. Mi ha messo subito in contatto con Michela Tilli, pensando fosse la persona adatta da coinvolgere nel progetto: l’empatia tra noi tre è nata subito. Michela è riuscita immediatamente a capire cosa avessi in testa, andando perfino oltre il mio stesso pensiero. E il tocco di Corrado nella regia è unico. Anche se quando si pensa a lui, ecco, come prima cosa non viene subito in mente uno spettacolo comico: di solito lui è impegnato in contesti più classici, ma quando si lascia andare si diverte così tanto. A volte durante le prove lo sentivo ridere a crepapelle dalla platea. È una persona incredibile: quello che è riuscito a creare con il Binario 7 è qualcosa di magico.
Quando si è avvicinata al mondo del teatro? E poi perché il teatro comico?
È successo quasi per caso, nei primi anni di università. Ho studiato a Padova psicologia. Milano era una troppo grande per me che venivo da un piccolo paese: ho scelto Padova perché era una buona via di mezzo. C’era il Tpr, il Teatro popolare di ricerca: era una realtà affascinante, piena di vitalità. Certo, all’epoca in generale l’intero mondo del teatro era più vivo e dinamico, ora la situazione è diversa: per la crisi i teatri chiudono, esistono meno realtà in grado di offrire agli attori la possibilità di esibirsi – penso ai bar, ai cabaret. Comunque, un giorno un mio compagno di studi mi lancia una provocazione: “Dove vuoi andare con la voce che hai?”. E lì io ho accettato la sfida e mi sono messa a combattere, mi sono iscritta al corso pensando che se non fossi riuscita a fare carriera come attrice, avrei potuto reinventarmi come scenografa, dipingevo non male, oppure come costumista. Il mondo del teatro era sterminato. Ma le cose sono andate diversamente: ero buffa, ero una macchietta. Ho guadagnato in fretta il palco. Ma poi ha recitato anche per il cinema e la televisione. Beh, per il cinema poco. Ho girato tanti corti, questo sì, e mi piace anche stare dietro la macchina da presa.
Ma il teatro è unico, ti permette di instaurare un rapporto sincero con il pubblico. Il teatro è emozione, è libertà dell’anima.
Ora sta per salire su uno dei palchi della tua città d’adozione: cosa le piace di Monza?
Abito qui da quasi vent’anni: ho voluto crescere i miei due figli in questa città che per me è bellissima.
Siamo vicini al parco, che io adoro. E quando studio una delle mie parti mi piace impararla mentre passeggio nei giardini della Villa reale. Con la reggia rimessa a nuovo è tutto ancora più bello.
Sposata da tanti anni con Aldo Baglio: come vi siete conosciuti? Come coniugano vita e lavoro due attori come voi?
L’ho conosciuto nei primi anni Novanta: ero a Milano, portavo in scena al vecchio Zelig di Milano, nell’ambito del duo comico Fallisi-Mirandola, “Tra noi c’è un’intercapedine”: l’ho incontrato lì, mentre giocava a flipper indossando un giubbino di pelle. Non mi sembrava una cosa seria all’inizio, lui aveva un’aria da bulletto e l’avevo presa con filosofia. Beh, non è andata così. In famiglia siamo una coppia, ci comportiamo da marito e moglie e da genitori. Quando lavoriamo insieme quasi faccio finta che sia un estraneo. E l’aver studiato psicologia mi aiuta molto. Quasi, in quelle circostanze, sono più unita a Giovanni e Giacomo: con il trio ho un rapporto meraviglioso, siamo amici. C’è intesa: è una cosa che non puoi costruire. Per fortuna tra noi è scattata subito e siamo molto affiatati.
Però non c’è solo la comicità nella sua carriera.
Vero: è stata un’esperienza stranissima. Nel 2013 ho girato “Rosa” con il regista Alfio D’Agata: un corto sulla violenza contro le donne. Non pensavo di farcela, non mi sentivo adatta a un ruolo così drammatico. Invece è andata bene, Alfio è riuscito a plasmarmi nel modo giusto.
E il futuro?
Due progetti. Ma non posso dire ancora nulla. Intanto spero di portare “La morte balla sui tacchi a spillo” nel maggior numero di teatri.