Bruce Springsteen si riprende San Siro: rock’n’roll e politica nel concerto a Milano

Lunedì 30 giugno 2025 Bruce Springsteen a San Siro con un show rock e politico: settima volta a Milano, 40 anni dopo la prima. Bis il 3 luglio.
Musica Bruce Springsteen San Siro 30 giugno 2025
Musica Bruce Springsteen San Siro 30 giugno 2025

San Siro, ti amo”. E San Siro ti ama, caro Bruce. Lunedì 30 giugno 2025, un anno e un mese dopo la data che sarebbe dovuta essere e non era stata per uno stop del medici (e 40 anni dopo la prima volta), Bruce Springsteen è tornato a casa: la settima a Milano, a San Siro, quasi 60mila persone da tutto il mondo per lui.

Bruce Springsteen si riprende San Siro: più arrabbiato rispetto a Monza, contro Donald Trump e una politica “inadatta”

Un Bruce diverso dal concerto di Monza nel 2023, e non solo per la camicia bianca, la cravatta e il gilet (mentre in città si sudava anche l’anima). Meno malinconico, molto più arrabbiato: non c’è stavolta il pensiero del tempo che passa e della vita e della morte, c’è la paura – più volte espressa nelle date del tour ripartito a maggio e che a Milano bissa giovedì 3 luglio (altro sold out, ore 20)di Donald Trump, di un presidente e di una classe politica “inadatta” per un’America “di cui ho scritto e che canto da 50 anni, nelle mani di un governo corrotto, incompetente e infido”. È uno Springsteen politico che parla dei colpi alle università private dei finanziamenti, dei ricchi del mondo che lasciano dei bambini morire di fame, delle deportazioni e del tentativo di chiudere la bocca a chi esprime il proprio dissenso. È il tour di “Land of hope and dreams” ed è nella “terra della speranza e dei sogni” che Springsteen vuole riportare cantando a tutti “la differenza tra democrazia e autoritarismo”. In America, ma non solo lì.

Springsteen San Siro 30 giugno 2025: apertura concerto

Bruce Springsteen si riprende San Siro: il rock’n’roll e il suo popolo

Lo fa con il rock’n’roll, con il suo “one, two, three, four” che è un grido di battaglia, con una E-Street band che gira al massimo tra la vecchia guardia di Roy Bittan, Nils Lofgren, Garry Tallent e Max Weinberg che sostiene uno Steve Van Zandt convalescente, ma presente, dopo un’operazione di appendicite subita nelle date spagnole a giugno. E Jake Clemons, la vecchia guardia più giovane, la squadra dei fiati e i cori e le percussioni di Anthony Almonte.

San Siro, siete pronti? Siete pronti? Andiamooo“, dice una volta sulla scena di fronte a uno stadio già scatenato. La scaletta si apre con No Surrender (come a Monza) quando c’è ancora luce, con qualche minuto di anticipo sulle 20 indicate come orario d’inizio show e qualcuno che ancora sta entrando. Non c’è tempo da perdere, si corre e si rallenta, si balla e si pensa. Ci sono Land of Hope and Dreams e Death to My Hometown, si arriva al Rainmaker da Letters to you in cui canta “Eravamo preoccupati, ma ora abbiamo paura” e a House of a Thousand Guitars del “pagliaccio criminale che ha rubato il trono”. Ogni riferimento a cose o persone non è per niente casuale.

La scaletta scorre (un peccato elencare i titoli e togliere la sorpresa), Because the night apre un’infilata di grandi brani che torna a includere anche Born in the Usa. A luci accese, per guardarsi in faccia tutti quanti.

È un copione scritto su patti sanciti da tempo tra Springsteen e il suo popolo, tra un rocker di razza che con una sola mano è in grado di comandare uno stadio: due dita vicino all’orecchio invitano a gridare più forte, ma fanno anche scendere il silenzio e poi riesplodere la folla in un boato. Su un palco sempre essenziale e con solo due bandiere – italiana e americana – come coreografia. Non serve altro che la musica.

San Siro, San Siro, San Siroripete il Boss: “San Siro the best“. La mano battuta sul petto è la dichiarazione d’amore, ricambiato senza neanche starci troppo a pensare.

Bruce Springsteen si riprende San Siro: passeggiate e abbracci lungo la transenna

Il tempo passa, Springsteen – classe 1949 – non corre più su e giù e magari talvolta fatica un po’ con la voce. Ma la versione del 2025, nelle oltre due e mezza abbondanti di concerto, è di devozione quasi totale al suo pubblico: che lo ricambia adorandolo nelle passeggiate lungo la transenna in cui si ferma a guardare negli occhi grandi e bambini.

Quando parte Twist and Shout – dopo la dedica di Tenth Avenue Freeze Out a Big Man Clarence Clemons e Danny Federici – si sa, si va verso i saluti. Ma non subito, prima le mani si alzano al cielo e le braccia si muovono, la musica si ferma e riparte. Una, due, tre, quattro volte. La meritata ovazione per la E-Street Band (“The heart stopping, pants dropping, earth shocking, hard rocking, booty shaking, earth quaking, love making, legendary…”) non chiude il sipario. Il Boss regala ancora Chimes of freedom, scritta da Bob Dylan e già registrata a favore di Amnesty International a fine anni ’80.

Risuona This land is your Land (Woody Guthrie), è l’ora di andare. Il rito si è compiuto ancora una volta.

L'autore

Primo articolo sul Cittadino nell’ottobre ’95, tema: l’atletica leggera. Giornalista professionista dal 2003, redattrice dal 2006: alla guida dell’informazione online della testata che ha fatto la storia di Monza e Brianza. Scrivo di tutto, ma preferisco storie, sport (quelli che vengono definiti “altri”), musica e le curiosità. Chi vuole trovarmi mi cerchi pure al Forum quando gioca l’Olimpia. Insieme a mio figlio. Tradizione di famiglia.

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