“Il Van Gogh in moto rossa” titolavano i giornali negli anni Cinquanta, quando a poco a poco il nome di Antonio Ligabue ha iniziato a farsi strada nel mondo dell’arte. A scoprirlo non erano stati loro, né i critici, ma due artisti in due periodi diversi, Renato Mazzacurati prima e Andrea Mozzali poi. Che hanno cercato in due tempi di tirarlo fuori dalla spirale di emarginazione e ricoveri in manicomio in cui si era avvitata la sua vita almeno fino agli anni Venti.
“Il Van Gogh in moto rossa” scrivevano i giornali, perché era comodo inventarsi l’artista matto in casa, in Emilia. E poi Al Matt era uno dei nomi che si era portato appresso da anni e che non si sarebbe tolto più di dosso. Come Al Tedesch, perché era nato in Svizzera, conosceva la lingua e gli era tornata buona anche in tempo di guerra, per far da interprete con i nazisti. Poi un giorno aveva spaccato una bottiglia in testa a uno di loro e sì, insomma, anche quella storia era finita.
Ma di storie ne aveva tante, Liguabue, come le lingua che parlava, un pastiche di italiano, tedesco e dialetto emiliano che diceva già tanto: in fondo anche la sua pittura era fatta di tante lingue sorprendentemente riassunte sulla tela. Il post impressionismo e l’espressionismo, un po’ di Rousseau il Doganiere – un altro che avevano scoperto pittore quasi per caso – e poi tutte le derive di quel primo Novecento in cui era cresciuto. No, non è la follia l’estetica di Liguabue e la piccola mostra organizzata dal Must di Vimercate con il Comune e la Banca popolare di Bergamo vuole raccontare proprio questo: che c’è di più, e di più complesso, nella sua arte.
Sono cinque tele di proprietà della BpB che da sabato 15 novembre al 18 gennaio saranno in mostra negli spazi del Museo del territorio, in via Vittorio Emanuele 53, per la cura di Simona Bartolena.
«Ligabue è stato un artista del e nel suo tempo, protagonista autonomo e originale di un’epoca di fermenti culturali molteplici ed eterogenei – scrive nella presentazione – Visionario, sorprendente, capace di ritrarre giungle tropicali senza averle mai conosciute, di esorcizzare con le sue tele le paure più profonde e ancestrali dell’umanità intera, di costruire immagini che mescolano l’efficacia e la semplicità delle stampe popolari con accenti avanguardistici di matrice espressionista, di realizzare opere nelle quali un istinto primigenio, a tratti bestiale, si coniuga mirabilmente al controllo del segno e al gusto per l’ornato e uno straordinario afflato lirico dialoga con la potenza di una debordante fantasia, Antonio Ligabue è stato un artista a tutto tondo, una personalità che ci obbliga a superare le distinzioni tra normalità e anormalità, tra follia e salute mentale, tra arte colta e incolta».
Che trovano sintesi nelle cinque opere che saranno esposte in “Antonio Ligabue (1899-1965)” e che sono condensate nel “Grande autoritratto” scelto come opera simbolo della mostra: il “Grande autoritratto”, dove l’artista si rappresenta in due metri di altezza di opera in cui sono presenti elementi costanti del suo lavoro. Il ritratto che non nasconde niente della durezza e della malattia, i pennelli e il galletto dipinto sulla tela, un cane in mezzo al prato e l’esplosione della vegetazione. «Nella sua vita Ligabue ha dipinto numerosi autoritratti, quasi un diario autobiografico su tela, ma anche un mezzo per confermare il proprio status di pittore, finalità ben evidente in questa straordinaria e molto nota versione nella quale l’artista si ritrae al lavoro».
In mostra anche due “Arature con buoi” solo apparentemente identiche e in realtà precisi esempi di come la sua capacità visionaria sapeva modificare nel profondo l’impressione generale attraverso anche solo gli sfondi. E poi il “Ritorno ai campi con castello” e ancora la “Leonessa che azzanna una zebra”, che testimonia l’attenzione di Ligabue per il mondo animale e il suo patrimonio genetico naturale e cruento. La giungla che non aveva mai conosciuto e che era stata forse per tanto tempo un paesaggio interiore. Sono tutti oli su faesite datati tra il 1950 e il 1955, il periodo più produttivo accompagnato a quella fase di celebrità e leggenda che ha caratterizzato quegli anni. Prima che all’inizio dei Sessanta un incidente in moto e una paresi non lo portarono alla morte nel 1965.
Passato in secondo piano dopo la celebrità di allora (nel 1965, subito dopo la sua morte, una retrospettiva alla Quadriennale di Roma) e della fine degli anni Settanta, grazie a un celebre sceneggiato andato in onda sulla Rai, Ligabue ha ritrovato una sua collocazione negli ultimi anni.
Di una dozzina di anni fa è il catalogo generale delle opere, firmato nel 2002 da Sergio Negri e pubblicato da Electa, mentre nel 2008 è stato il palazzo reale di Milano a tributargli una retrospettiva. Tra le mostre più recenti quella del 2011 a Traversetolo (“Antonio Ligabue – Genio e Follia”) e nel 2013 “Antonio Ligabue. Istinto, genialità e follia” a Lucca, “Ligabue. Toni e la sua arte nel racconto di Cesare Zavattini” a Riccione e “L’arte moltiplicata. Opere originali tra unicità e serialità” un anno fa a Brescia.
L’inaugurazione è in programma venerdì 15, media partner della mostra il Cittadino e monzabrianzaTv. Che sui giornali in edicola da giovedì 13 novembre e sabato 15 novembre offriranno uno sconto speciale riservato ai lettori.
Antonio Ligabue ( 1899- 1965) Dipinti dalla Collezione della Banca popolare di Bergamo
15 novembre 2014 – 18 gennaio 2015
A cura di Simona Bartolena
Museo del territorio – Via Vittorio Emanuele II 53 – Vimercate
Ingresso a mostra e museo: intero 5 euro, ridotto 3, cumulativo famiglia 8, visite guidate a 8 e 6 euro.