Cernuschi, Paribas e la Francia Il monzese che inventò un museo

Ma lo fece, appunto, a Parigi, dove ancora oggi è uno dei principali musei della città. Si chiama Enrico Cernuschi e la sua è stata una vita di avventure: rivoluzionario risorgimentale, esiliato, fondatore della più importante banca francese, creatore di un museo. Ah sì, era monzese.
Enrico Cernuschi
Enrico Cernuschi Redazione online

A chiederlo di là dalle Alpi è un banchiere, ed è un banchiere francese. D’altra parte ha lasciato alla Francia una delle sue istituzioni più celebri: Paribas. Per qualcuno più attento è anche un raffinato collezionista, il fondatore di quel museo all’ottavo arrondissement di Parigi che gli deve il nome: una raccolta forse unica di arte orientale diventata oggi museo statale. E che già raccontava le terre di Marco Polo quando ancora di Cina, Mongolia, India si conoscevano soprattutto le spezie e le materie prime.

Henry Cernuschi, lo chiamano, e lo pronunciano Cernuschì. Ma era Enrico Cernuschi ed era monzese. Quando chiese ai francesi di diventare uno di loro aveva alle spalle la guerra. Fuggiva da quella non ancora Italia che forse lo aveva deluso, sconfitto, arrestato e processato. Un proscritto: dalle terre pontifice come da quelle tornate agli Asburgo, su al nord, da dove veniva. È il 1852, è Parigi, il monzese trova lavoro dopo avere fatto copiature e traduzioni come impiegato al Crédit mobilier. Impara presto e si fa notare. Anzi, diventa ricco, e rende ricchi i clienti. Ma sette anni dopo sono ancora guai: licenziato dopo l’attentato a Napoleone III da parte dell’ex carbonaro, ed ex amico, Felice Orsini.

Troppo imbarazzante quella conoscenza con uno che aveva tentato di uccidere l’imperatore. Ma è allora che inizia la sua fortuna, perché diventa uomo d’affari. In dieci anni studia economia e inizia a scriverne (’La meccanica degli scambi’ è di quegli anni, ma nel 1881 sarà rappresentante ufficiale della Francia alla conferenza monetaria internazionale), poi nel 1870 dà vita alla Banque de Paris, che in poco tempo trova alleati nella Banque de crédit et depot des Pays Bas. Paribas, dal 1872, ancora oggi uno degli istituti più importanti di Francia. Ormai, di quella nazione, era anche cittadino, da due anni. Altri ventiquattro li avrebbe avuti da vivere.

Dentro c’è tempo per essere di nuovo esule, cacciato fino al ritorno della Repubblica, ma un esule d’oro: un lungo viaggio fino al Giappone con Theodore Duret, quindi Cina, Mongolia, Giava e India. Dove raccoglie bronzi e sete, porcellane, arte: tutto quello che poi ospita in casa, un palazzo in stile rinascimentale che si fa costruire al parc Monceau, nordovest della città, sopra gli Champs Elysées. Oggi è il musée Cernuschi, una delle più importanti raccolte d’arte orientale al mondo. L’11 maggio del 1896 muore, a Mentone: la casa la lascia alla città di Parigi. Tranne 100mila lire: quelle sono per i martinitt di Milano, i ragazzini che quasi cinquant’anni prima erano stati con lui sulle barricate delle Cinque giornate.

Due passi indietro, allora. Studente di giurisprudenza e patriota. Collezionista e banchiere. Scrittore ed esploratore. Politico e galeotto. Monzese, ma anche milanese, romano, genovese, fiorentino e parigino. La vita di Enrico Cernuschi è un caleidoscopio di città, culture, attività e interessi. È impossibile imbrigliare il personaggio con una definizione. Fu un protagonista assoluto del Risorgimento italiano, ma soprattutto fu un protagonista assoluto dell’Ottocento europeo.

Nato a Milano il 19 febbraio 1821 da Claudio, un piccolo imprenditore originario di Monza, e da Giuseppina Della Volta, fece i primi studi presso i padri barnabiti di Monza e poi nelle scuole di Milano. Rimasto orfano del padre a tredici anni e della madre a diciotto, poté iscriversi, grazie all’aiuto dei parenti materni, all’università di Pavia, dove si laureò nel 1842. Cernuschi condivideva gli orientamenti liberali e nazionali comuni a buona parte della gioventù colta milanese. Nelle prime settimane del 1848 divenne protagonista politico nelle Cinque giornate. Infatti il 18 marzo, nel corso della manifestazione antiaustriaca davanti al palazzo del Governo in Borgo Monforte, Cernuschi obbligò il vicegovernatore O’ Donnell a scrivere sotto dettatura e a firmare davanti alla folla dei dimostranti tre decreti che stabilivano l’istituzione della guardia civica, la destituzione della direzione di polizia e la consegna delle armi della stessa polizia al municipio.

Organizzò il primo, embrionale centro direttivo dell’insurrezione, stimolando la costruzione delle barricate e cercando di stabilire collegamenti tra i vari nuclei che avevano cominciato a battersi. Insieme con Cattaneo fu l’ispiratore dell’opposizione condotta dal piccolo ma combattivo gruppo repubblicano-autonomista contro il governo provvisorio, duramente criticato perché considerato espressione dell’ala conservatrice dell’aristocrazia lombarda intenzionata ad affrettare l’annessione di Milano e della Lombardia al Piemonte sabaudo. Continuò la sua battaglia contro i moderati sulla stampa democratica di Milano.

A lui sono infatti da attribuire gli articoli apparsi nello Spirito folletto con la firma ’Un carlista nordico’ e ’Un carlista’, tra i quali va ricordato quello intitolato Fasti diplomatici del Governo provvisorio (14 e 29 giugno), di acerba censura alla politica estera del governo presieduto da Casati giudicata inconcludente e subalterna ai voleri di Carlo Alberto. Più continua e incisiva fu però la collaborazione L’Operajo. Dopo la capitolazione di Milano riparò prima a Lugano, dove ebbe contatti col Mazzini, e poi a Genova, dove collaborò all’organizzazione del movimento democratico locale. Lasciata la città ligure all’inizio di novembre si recò a Firenze, dove si allontanò sempre più da Mazzini.

Ai primi di dicembre si recò a Roma dove assunse presto una funzione direttiva nel gruppo dei democratici avanzati che si opponevano alle tendenze, prevalenti in seno al governo, favorevoli alla ricerca di una conciliazione con il papa, adoperandosi per l’immediata proclamazione della repubblica a Roma, premessa per la convocazione di una Costituente italiana.

Dopo la fine della resistenza e la dissoluzione della Costituente ad opera di reparti francesi, restò per alcuni giorni a Roma e si recò poi il 6 luglio a Civitavecchia, con l’intenzione di lasciare lo Stato romano; a Civitavecchia fu però fatto arrestare e trasferito dopo alcuni mesi (21 dicembre) nelle prigioni di Castel Sant’Angelo. Accusato di danneggiamento della sede dell’Accademia francese in Roma e di palazzo Farnese, e di oltraggio all’esercito francese, fu giudicato nel gennaio del 1850 dal Consiglio di guerra delle forze occupanti, di fronte al quale pronunciò un’abile autodifesa. Cernuschi fu prosciolto dalle accuse. Riacquistata la libertà (grazie anche alle pressioni di Hortense Cornu Lacroix, sorella di latte di Luigi Napoleone, alla quale Cernuschi restò poi a lungo legato sentimentalmente), il primo agosto partì da Civitavecchia per la Francia, dove fu dapprima internato a Bourges, che lasciò a settembre per fissare la propria residenza a Parigi. Lì inizia l’altra storia. Quella del monzese che ha fondato una banca. E uno dei più importanti musei di Paname.

Questa è una rielaborazione di due articoli pubblicati dal Cittadino di Monza il 14 aprile del 2011, all’interno di una serie di servizi che raccontavano il Risorgimento e il 150esimo anniversario dell’Unità nazionale. Lo ripresentiamo oggi, a pochi mesi dalla riapertura dei Musei civici di Monza alla Casa degli Umiliati di via Teodolinda. Per raccontare che le cose accadono e che hanno dei protagonisti.