Pedemontana non fallirà. La richiesta presentata al tribunale di Milano dalla Procura lo scorso luglio è stata respinta dai giudici Guido Macripò, Sergio Rossetti e Amina Simonetti.
«La odierna decisione del Tribunale ci permette finalmente di uscire da una situazione di difficoltà in cui Pedemontana si trovava dal momento dell’istanza di fallimento presentata dalla Procura di Milano», ha commentato Federico Maurizio d’Andrea, presidente dell’autostrada che dovrebbe unire Bergamo e Varese, passando per la Brianza.
«Ora tutta l’attenzione sarà rivolta al completamento dell’opera, dichiarata da tempo strategica per il miglior funzionamento infrastrutturale della Regione Lombardia, polo trainante dell’economia nazionale».
«Ottima notizia!!!». Così, sul suo account Twitter, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni ha commentato il respingimento, da parte dei giudici del Tribunale di Milano, della richiesta di fallimento nei confronti della Società Autostrada Pedemontana Lombarda.
L’Autostrada Pedemontana Lombarda ha uno sviluppo complessivo di circa 157 km, di cui 67 km di autostrada, 20 km di tangenziali e 70 km di viabilità locale. Collega le province di Varese, Como, Milano, Monza e Bergamo. Finora sono stati realizzati i tratti dall’A7 Milano-Varese a Lentate. Il progetto prevede l’interconnessione finale sull’A4 tra Dalmine e Capriate.
L’amarezza di Legambiente è espressa da Dario Ballotta, responsabile trasporti di Legambiente Lombardia: «Dopo che la regione è intervenuta accollandosi un mutuo da 200 milioni per evitare il fallimento della società era prevedibile questa decisione dei giudici. Continua così l’agonia di Pedemontana, opera pensata negli anni ’60 e che si vuole completare mezzo secolo dopo, quando ormai tutto il sistema dei trasporti è cambiato: i costi sono lievitati a oltre 5 miliardi e le prospettive di traffico sono più che modeste sia per le tangenziali di Como e Varese che per l’intera tratta autostradale. L’unica soluzione credibile e non elettoralistica è quella di cedere allo Stato, cioè all’Anas, le tratte esistenti e di chiudere i cantieri. Solo così sarà possibile evitare un’inutile devastazione ambientale e un nuovo salasso di risorse pubbliche che potrebbero essere impiegate sicuramente meglio».
La richiesta di fallimento da parte dei pm, fondata sulla relazione presentata dal consulente Roberto Pireddu, professionista con studio a Seregno, e la consulenza sui conti chiesta dal Tribunale a un altro perito sostenevano di fatto che la società così come è non può andare avanti. Ma rispetto a queste prese di posizione c’è il finanziamento ponte (ormai finanziamento bis) da parte delle banche, che assicura il flusso di denaro necessario per continuare la realizzazione dell’opera diventerebbe, nella sostanza, un mutuo a 36 anni (calcolando il punto di partenza del finanziamento). La scadenza per restituire i soldi da parte di Apl doveva essere a gennaio 2018, ora invece l’ultima rata scadrebbe a metà del 2034. Il debito con gli istituti di credito finora era di 200 milioni di euro. La rinegoziazione dei rimborsi previsti nell’accordo per il finanziamento ponte bis, che risale a febbraio dell’anno scorso, viene comunque garantita dalla Regione Lombardia che si era detta pronta a sostenere Apl i merito alla sua esposizione rispetto ai finanziatori.