Vedano al Lambro, l’ultimo viaggio del “Carulot”: ricordi e lacrime di una vita vissuta

Il direttore del Cittadino, Marco Pirola, ricostruisce la sua lunga amicizia con un personaggio amato da tanti, spentosi giovedì dopo un periodo tormentato da una malattia
Un giovanissimo Angelo Lissoni ad una premiazione di una gara ciclistica

Dicono che le ore che precedono il funerale siano il riassunto di una vita. Ricordi, emozioni, amici e conoscenti che si rincorrono. Lacrime. Aggiungete anche le mie. Ed allora Angelo Lissoni, per tutti solamente “Carulot”, deve aver avuto una vita bella. Diceva uno dei più grandi pugili mai saliti sul ring: anche se ti aspetti un pugno forte in faccia, quando ti colpisce, fa male lo stesso. È così. La malattia di questi mesi era tutta un’attesa di quel pugno che è arrivato giovedì. Ed allora in pochi istanti scivolano via i ricordi. I racconti switchiano (mi perdoni l’Accademia della Crusca l’inestetismo).

Lutto: i ricordi di un’amicizia lunga una vita…

Angelo Lissoni in una foto recente, con Sandro Mazzola

Rivedo il suo entusiasmo condiviso con la moglie Rina che lo adorava. Le risate. Sì, perché Angelo sapeva prendere la vita dal lato del sorriso. Dote non comune. Più di una volta mi sono chiesto cosa mi attraesse di quell’uomo anziano molto ruspante e pure milanista. Sotto alcuni tratti mi ricordava mio padre. La parlata in dialetto (lingua ormai scomparsa). I ragionamenti da uomo semplice, ma concreto. La concezione calvinista del lavoro che viene prima di tutto. La sua voglia di vivere. Le imprese in stile D’Annunzio. Come quella volta che scalò la torre dell’acquedotto di Vedano per piantare in cima la bandiera del suo Milan vincitore. O quell’altra ancora che raccontava con orgoglio di come avesse messo in piedi la squadra di ciclismo a Vedano. Per scommessa. Per sfida. Perché ci credeva. Di quando, non ancora 14enne, andava a lavorare in bicicletta in una ditta di vernici a Monza. Dal suo racconto appassionato potevi sentire i rumori e gli odori delle latte. Li vedevi davvero i colori. E poi guardavi l’orologio erano passate due ore come se niente fosse. Era capitato di recente diverse volte all’alba. “Interista, so che ti svegli presto… hai tempo di venire a bere un caffè da me ed ascoltare un povero vecchio?. Come dirgli di no.  Più di una volta eravamo anche andati a pranzo assieme. L’ultima poco tempo fa prima del suo ricovero in ospedale. Gli avevo fatto una sorpresa. Lo avevo portato in una trattoria nel quartiere di Monza dove aveva conosciuto la moglie. Avevamo parcheggiato proprio davanti alla casa. Si era entusiasmato nei ricordi. Era persino arrivato a piedi sino al canale Villoresi dove da ragazzo faceva il bagno e a momenti ci era caduto dentro dalla foga della nostalgia e delle parole.

Lutto: “Forever Young” di Bob Dylan per l’ultimo saluto

Una musica per l’addio ad Angelo. La solennità “serafica” dell’adagio di Albinoni. No, meglio. “Forever Young”, melodia struggente di Bob Dylan.  E una canzone è forse il modo migliore per chiudere l’articolo e un dolore che rischia di trascinarsi nel tempo. Addio Angelo ovunque tu sia con il tuo sorriso disarmante