Uccise a coltellate il suo compagno di stanza, ergastolo in Inghilterra a un 20enne di Lissone

Un ventenne di Lissone condannato all’ergastolo in Inghilterra per aver ucciso con sedici coltellate il suo compagno di stanza. La sentenza giovedì 23 luglio. Il ragazzo è stato giudicato malato di schizofrenia paranoide. “Sento delle voci” ha detto ai giudici della corona.
Francesco Leccese, la vittima del lissonese
Francesco Leccese, la vittima del lissonese Roberto Magnani

Durante l’interrogatorio avrebbe raccontato ai poliziotti inglesi di aver obbedito a delle “voci”: di aver ammazzato il compagno di stanza perché si sentiva in pericolo, lui aveva intenzione di fare altrettanto. Così lo scorso novembre, armato di un coltello, a Birmingham, ha brutalmente ucciso con sedici fendenti l’aquilano Francesco Leccese di 21 anni, emigrato in Inghilterra per lavorare come croupier. L’ha aggredito inizialmente nell’appartamento che i due condividevano, poi l’ha finito sulle scale dove il giovane abruzzese era fuggito nel tentativo di salvarsi. In quel momento c’era una terza persona, un altro ragazzo italiano originario di Bresso, coinquilino e testimone del delitto.

Giovedì mattina nel tribunale di Bimingham l’omicida, Alberto Casiroli, ventenne di Lissone, cuoco, è stato condannato all’ergastolo. La notizia è stata confermata dall’ufficiale di collegamento con la questura dell’Aquila, interessata del caso.

Il lissonese, secondo quanto accertato dagli investigatori inglesi, soffre di schizofrenia paranoide tanto che il giudice, dopo aver emesso la sentenza, ha disposto l’immediato trasferimento in un ospedale di massima sicurezza. Solo una volta terminato il trattamento sanitario a cui sarà sottoposto andrà in prigione. Ha inoltre stabilito che Casiroli non potrà chiedere di godere della libertà vigilata prima di sei anni.

Secondo quanto riporta il quotidiano locale “Birmingham Mail il giudice ha definito Francesco un: «giovane ambizioso e un grande lavoratore» mentre, rivolgendosi all’assassino, ha detto: «L’hai attaccato quando era disarmato e inerme. Il tuo è stato un attacco delirante e prolungato con un’arma mortale, un attacco pianificato con l’intenzione di uccidere».

Nessuna attenuante: il lissonese è stato condannato per omicidio volontario. Il giudice non ha ritenuto veritiera l’ipotesi dell’omicidio colposo sostenuta dallo stesso Casiroli sulla base di una «responsabilità attenuata» a causa delle sue condizioni mentali. Lo stesso procuratore nella sua arringa non ha avuto dubbi: «Si è trattato di un omicidio immotivato e violento di un ragazzo innocente che aveva tutta la vita davanti a sé».

Riconosciuta tuttavia anche la patologia psichiatrica della quale il lissonese sarebbe affetto: nei due giorni precedenti l’omicidio aveva dato evidenti segni di squilibrio e di delirio paranoide. Parlando con uno dei fratelli, aveva detto di sentirsi in pericolo, di essere finito nel mirino della mafia.

La famiglia, contattata all’epoca dei fatti, aveva preferito non dire nulla. Ma erano stati proprio i familiari, dopo che per qualche giorno non avevano più avuto notizie del congiunto, a chiedere aiuto ai carabinieri di Lissone per cercare di rintracciarlo. Così erano venuti a sapere dell’omicidio e del suo arresto