Teodolinda e i profughi, la lezione di monsignor Galantino

Ecco alcuni stralci dell’intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario della Conferenza episcopale italiana, in occasione dell’incontro di Monza organizzato dal Club Unesco.
Al centro, monsignor Galantino
Al centro, monsignor Galantino

Per gentile concessione di Sua Eccellenza monsignor Nunzio Galantino, pubblichiamo stralci della prolusione che giovedì 9 giugno il segretario della Cei ha tenuto a Monza all’interno dell’incontro sul tema “Costruttori di pace in tempi di fragilità: dalla lezione della storia alle sfide di oggi”

Il riconoscimento, dato cinque anni fa dall’UNESCO al Duomo di Monza come monumento “testimone di una cultura di pace per l’umanità”, e a Teodolinda, quale protagonista della vita della città e dell’evoluzione politica e sociale dell’Italia del tempo, ci chiede di conoscere e comprendere al meglio gli eventi che lo hanno meritato, per trasmetterci un insegnamento e rendere – permettetemi il termine – “utile” per noi oggi questa ricorrenza.

Il riconoscimento, dato cinque anni fa dall’UNESCO al Duomo di Monza come monumento «testimone di una cultura di pace per l’umanità», e a Teodolinda, quale protagonista della vita della città e dell’evoluzione politica e sociale dell’Italia del tempo, ci chiede di conoscere e comprendere al meglio gli eventi che lo hanno meritato, per trasmetterci un insegnamento e rendere – permettetemi il termine – “utile” per noi oggi questa ricorrenza.

Il modo migliore per continuare a meritare questo riconoscimento e per fargli portare frutto è senza dubbio quello di tenere vive le motivazioni che hanno portato al riconoscimento attraverso progetti che si sviluppano nel campo dei diritti, dell’educazione, della promozione sociale e della tutela dell’ambiente.

I tempi di allora e i nostri

[…] Come quelli di Gregorio e di Teodolinda, anche i nostri sono tempi fragili; sono tempi difficili perché sembra si sia smarrita la meta da raggiungere: non sono chiare le coordinate del nostro camminare insieme, che si trasforma spesso in un vagare privo di orientamento dove ogni individuo, ogni gruppo, ogni Stato si concentra sul perseguimento del proprio interesse e sulla difesa impaurita delle proprie prerogative. Serve coraggio per affrontare tempi nuovi, e non è affatto immediato immaginare il mondo che deve sorgere, comprendere i segni e le coordinate di un tempo di passaggio, segnato da tante drammaticità. Eppure è questo il tentativo che dobbiamo compiere, sostenendoci a vicenda e camminando in modo solidale. […]

L’esempio di papa Gregorio Magno e di Teodolinda, allora, come costruttori di pace, può illuminare anche il presente della nostra storia. Essa è attraversata, tra le altre, dalla tragica vicenda di tanti nostri fratelli che, spinti dalla guerra e dalla povertà, sono mossi ad affrontare l’abbandono della loro terra e della famiglia, in cerca di condizioni più dignitose per sé e i loro cari. Tale questione assume oggi un rilievo di primo piano, perché tocca da vicino la vita e la sofferenza di tante persone.

La gestione dei flussi migratori verso l’Italia e l’Europa – dei quali spesso portiamo una forte responsabilità in quanto causati da una pesante eredità coloniale o da condizioni macro-economiche o commerciali inique – è ancora dettata da logiche occasionali o difensive, e richiede un cambiamento di mentalità e di prospettiva. […] In un’intervista di alcuni giorni fa, mentre ripensavo a coloro che, sempre più numerosi, muoiono nel tentativo di raggiungere le nostre coste, osservavo che «quelle morti sono uno schiaffo alla democrazia europea, incapace di salvaguardare e proteggere persone in fuga da situazioni create anche dalla politica estera e da scelte economiche europee».

Il ruolo dell’Europa

[…] C’è da auspicare che l’Europa sia capace, anche grazie all’apporto del nostro Paese e di ognuno di noi, di riscoprire i valori fondamentali che hanno ispirato i suoi costituenti, oltre che i valori che nei secoli ne hanno ispirato la convivenza. Siamo posti innanzi alla sfida della multiculturalità e alla necessità dell’integrazione, dove con quest’ultimo termine non intendiamo una semplice assimilazione, quasi che i nuovi arrivati debbano semplicemente essere inseriti in un sistema che non cambia e che già in se stesso è perfetto. Integrazione significa invece ridefinizione, capacità di ripensarsi insieme e insieme intravedere il futuro.

Cosa avrebbero fatto, con il loro genio, Gregorio Magno e la principessa Teodolinda davanti alla necessità di trovare nuove forme di vivere comune per il bene di tutti? Forse avrebbero reso più flessibile la legislazione sul lavoro o inventato nuove forme di contratto lavorativo; avrebbero pensato a nuove forme di impiego o a forme giuridiche più elastiche della semplice distinzione tra cittadino e clandestino; forse avrebbero inventato un modo per ripopolare montagne e campagne o nuove forme di lavoro pubblico e socialmente utile, per non lasciar inoperosi tanti giovani e adulti, per frenare l’uscita delle competenze dal nostro Paese, e l’esodo di tanti giovani dal meridione.

La prospettiva locale

[…] Mentre preparavo l’intervento di questa sera, sono rimasto colpito dal primo editoriale del dott. Martino Cervo alla guida del Cittadino, che ho letto insieme ad altri per conoscere meglio ed avere un qualche contatto, anche se virtuale, con il nostro odierno moderatore. In esso egli affermava: «Quello che state leggendo non sarà “locale”, né “neutro”». Intendeva così esprimere due principi che ritengo fondamentali: il primo è che non vi è nulla, oggi soprattutto, che abbia un interesse e una rilevanza solo locali e particolaristici. E per questo tutto ci interessa, e tutto dobbiamo compiere con coscienza e responsabilità. Secondo: nessuna notizia o informazione è neutrale, «una volta scelto il centro».

Decidiamo quindi qual è il punto prospettico dal quale si deve osservare il reale, quali sono i valori da preservare a ogni costo, quale il valore inalienabile della persona da porre come fondamento di ogni considerazione e di ogni progetto pratico. E questi due principi valgono anche per le questioni sulle quali ci siamo soffermati: non ci sono questioni locali nel mondo globalizzato, ma la sorte delle persone più lontane riguarda anche noi. Non c’è niente di neutrale e non è possibile rimanere tali, perché l’indifferenza produce disparità e questa genera violenza, mentre l’impegno disinteressato è sempre foriero di bene.