Diceva di chiamarsi Alessio, e sulla foto del suo profilo, esibita in vari social network, si presentava come un ragazzo avvenente, dai muscoli scolpiti. Era abbastanza per far cadere in trappola le ragazzine, anche minorenni. Tutte rimaste vittima di ricatti, sessuali e non, da parte di «Alessio», che in realtà è un ventenne di origini marocchine residente a Seregno e arrestato dai carabinieri di Bergamo con accuse di violenza sessuale ed estorsione, in virtù di un’ordinanza di custodia in carcere, emessa dal gip monzese Rosaria Pastore.
L’indagine è partita dalla denuncia dei genitori di una studentessa bergamasca, che si sono accorti di ammanchi sospetti di denaro in casa. Gli accertamenti, coordinati dal pm Alessandro Pepè, hanno appurato che il giovane conquistava la fiducia delle vittime, conosciute via chat, fino a farsi mandare video e fotografie osé dalle stesse. Poi, pena la minaccia di diffondere le immagini, si faceva consegnare soldi, telefonini, o pretendeva prestazioni sessuali con il suo «amico marocchino», che in realtà era lui stesso.
I casi per i quali è stato arrestato sono due, e riguardano una diciottenne bergamasca, appunto, e una diciassettenne della Brianza. Ma il pm sospetta che abbia adescato altre cinque ragazze, tra cui alcune minorenni.
Alla vera identità di Alessio, dunque, si è arrivati solo perché i genitori della studentessa si sono accorti che la figlia prelevava denaro, e non sapevano darsi una spiegazione. Non erano pochi soldi: 1.200 euro tra gennaio e aprile scorsi.
“Alessio” si era fatto dare anche telefonini, un iPod e occhiali da sole. Materiale trovato poi dai carabinieri nella casa sua a conferma della versione della giovane. Lei prendeva il treno e andava a Monza per consegnarglieli. Ma ad attenderla c’era Said. In una occasione – secondo la sua denuncia – si sono incontrati nel parco del capoluogo brianzolo, dove il ragazzo la avrebbe trascinata tra gli alberi e avrebbe abusato di lei. «Non esci viva da questo parco», si sarebbe sentita dire, dopo avere azzardato una reazione.
Lei convinta di parlare con il bell’Alessio diceva che non voleva più vedere quel suo amico marocchino, ma non aveva capito che lui e il seregnese erano la stessa persona. Le diceva anche che cosa doveva fare, anche in Internet, altrimenti le richieste di denaro sarebbero aumentate.
L’arma di ricatto erano le foto di lei in cui si vedeva anche in volto. Minacciava di pubblicarle, così chiunque l’avrebbe vista in quegli atteggiamenti osé. È la trappola in cui era caduta, nonostante i ripetuti appelli delle forze dell’ordine a non fidarsi di chi sta dietro a uno schermo e può spacciarsi per chiunque.
Lo stesso sarebbe accaduto anche con la diciassettenne. Almeno una volta “l’amico di Alessio” l’avrebbe obbligata a compere atti sessuali.