«Il libro nasce dalla mia esigenza di restituire qualcosa alla ragazza, che conoscevo benissimo, essendo stato amico di suo nonno, e che qualche giorno prima di essere rapita aveva giocato con mia figlia, che allora aveva 5 anni, sugli scalini di accesso ad un noto bar di Erba, comperandole anche un chewing gum». Emilio Magni, 86 anni, una delle firme storiche del quotidiano La Provincia e scrittore con una vasta produzione editoriale alle spalle, inquadra così il volume “Il rapimento di Cristina Mazzotti. Una buca, 5 centimetri d’aria”, dedicato ad una tristissima vicenda di cronaca che sconvolse nell’estate del 1975 l’Italia, messa di fronte al dramma di una studentessa appena diciottenne, rapita ad Eupilio dalla ’ndrangheta e lasciata morire con inopinata ferocia, dopo essere stata tenuta prigioniera appunto in una buca di dimensioni troppo ridotte, perché potesse sopravvivere.
Seregno: la storia di Cristina Mazzotti, incontro sabato 29 marzo in Sala Gandini
Il testo, pubblicato nel 2024 da Mursia, sarà presentato sabato 29 marzo, alle 16, nella sala Gandini di via 24 maggio a Seregno, a ridosso della ricorrenza della giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, per iniziativa del circolo culturale Seregn de la memoria, presieduto da Zeno Celotto. L’autore nella circostanza dialogherà con Luigi Losa.
Seregno: la storia di Cristina Mazzotti, l’autore del libro Emilio Magni
«Non sono pagine facili da leggere – ammette Magni – come per me non è stato facile scriverle. Il mio interesse per quanto accaduto scaturisce dal rapporto con la famiglia di Cristina, ma anche da motivi professionali. All’epoca dei fatti, ero il responsabile della cronaca di Cantù de La Provincia e seguii da vicino le varie tappe del rapimento e tutto quel che è venuto dopo».
Magni approfondisce quindi ulteriormente il suo pensiero: «Ho voluto descrivere Cristina com’era nella realtà. Per questo, ho intervistato l’amico che quella sera guidava la macchina su cui si trovava, l’amica del cuore, una cugina e la sorella. Ne è uscito un ritratto inedito di una giovane sorridente, gentile, allegra, ma anche riservata e mai dedita agli eccessi». Il focus si sposta infine sui responsabili del crimine: «Dico sempre che gli esponenti della ’ndrangheta ed i balordi lombardi coinvolti esaurirono in questo caso il loro bagaglio di ferocia, crudeltà e cattiveria nei confronti di una povera ragazza. Materialmente non la uccise nessuno, ma la lasciarono morire colpevolmente, in condizioni disumane. Quando le Forze dell’ordine mostrarono la piccola buca in cui era stata tenuta a noi giornalisti, una collega di Avvenire addirittura svenne…»