Tutto esaurito venerdì 18 ottobre, a Seregno, ne L’Auditorium di piazza Risorgimento, per l’incontro “Vivere la pace in tempo di guerre”, proposto dall’associazione L’Umana Avventura, con la collaborazione della comunità pastorale San Giovanni Paolo II, di Comunione e liberazione, del circolo culturale San Giuseppe, della Casa della Carità e di altre realtà culturali brianzole. Relatori della serata, moderata dal presidente Carlo Camnasio, sono stati monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo metropolita dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, e monsignor Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia meridionale. L’appuntamento sarà seguito sabato 26 ottobre, alle 17, nella galleria Mariani di via Cavour, dall’inaugurazione della mostra di icone per la pace “Vinciamo l’odiosa divisione del mondo”, visitabile fino a domenica 3 novembre.
Pace: monsignor Pezzi indica nel perdono la strada corretta
Monsignor Pezzi ha offerto una chiave di lettura precisa del concetto di pace: «Gesù, nel suo genio, ha adottato il modo più umano che ci sia per arrivare alla pace: la fiducia, l’amicizia, la comunione tra i popoli. Questo per me è stupefacente. Come si chiama la fiducia ad oltranza nell’altro? Si chiama perdono. Non c’è pace dove non c’è perdono. Il perdono consente a chi ha sbagliato nei miei confronti di rientrare nella mia vita, come ha fatto Gesù con Giuda». L’arcivescovo ha quindi proseguito: «A poche settimane dall’inizio del conflitto in Ucraina, durante la settimana santa, sono sceso in cattedrale per confessare il giovedì, il venerdì ed il sabato. Mi sono anche confrontato con una donna, che mi ha confidato di non riuscire a togliersi di dosso l’odio e la disperazione. Le ho risposto di chiedere aiuto a Dio. Dopo un po’, questa signora è tornata per confessarsi: aveva sperimentato che c’era qualcuno che le aveva riaperto le porte». Pezzi ha infine chiosato: «Pensare di vivere in pace solo quando ci sarà la pace vuol dire condannarsi alla morte prima di morire. Il tema è vivere in pace mentre ci sono le guerre».
Pace: monsignor Martinelli sottolinea l’esempio dei cristiani in Yemen
Dal canto suo, monsignor Martinelli si è focalizzato sulle realtà che gli sono affidate: «Il vicariato apostolico dell’Arabia meridionale comprende gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman e lo Yemen. Nelle tre nazioni, i cattolici sono in tutto 1 milione circa: 850mila negli Emirati Arabi Uniti, 150mila nell’Oman, quasi nessuno nello Yemen. In quest’ultimo paese, la popolazione è martoriata da 10 anni di guerra civile. Nel 2016 quattro suore di Madre Teresa di Calcutta sono state uccise ed un sacerdote è stato rapito e rilasciato solo dopo un anno. Le altre suore si sono rifugiate al nord, con un solo prete. Rimango sempre sorpreso da come mi descrivono i bombardamenti, minimizzando tutto. Oggi nello Yemen non è possibile fare altro che vivere la testimonianza di Cristo con gratuità». Martinelli ha poi proposto riflessioni anche su Oman ed Emirati Arabi Uniti: «In Oman domina una corrente minoritaria dell’Islam, che è pacifista. I nostri fedeli contribuiscono alla pace vivendo la buona vita del cristiano. Negli Emirati Arabi Uniti, il 90 per cento dei cristiani è costituito da migranti, provenienti da duecento nazioni. C’è un ministro per la tolleranza. Lì Papa Francesco ha firmato con l’Iman al-Azhar Ahmad al-Tayyib un documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Quando lo ha fatto, ha ricordato l’incontro di San Francesco con un sultano avvenuto 800 anni prima, ai tempi delle crociate: un gesto di pace in un’epoca di conflitto».