Seregno: la Madonna di Batnaya e la vocazione di don Martin

La statua sta facendo un tour nelle chiese di Seregno insieme al sacerdote copto don Martin Alkiryo

La statua della Madonna di Batnaya che sta compiendo un pellegrinaggio nelle chiese italiana è presente in  da alcuni giorni a Seregno. Dopo essere giunta al monastero delle Adoratrici Perpetue, ha sostato due giorni nella parrocchia di Sant’Ambrogio, ieri e oggi in basilica san Giuseppe, lunedì 14 e martedì 15 nel santuario di Santa Valeria e mercoledì 16, terminerà il tour nella chiesa di Maria Ausiliatrice dell’opera don Orione. Nell’aula monsignor Citterio della basilica san Giuseppe è impaginata una mostra  allestita a cura della fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, che ha accompagnato la statua della Madonna “ferita”.

Seregno: la Madonna di Batnaya e il cammino di don Martin

Nelle messe di oggi all’omelia  un giovane sacerdote iracheno ha portato la sua testimonianza. “Il Cittadino” l’ha ascoltato per saperne di più.  Don Martin Alkiryo, sacerdote caldeo iracheno, nato e cresciuto a Karemiesh, villaggio cristiano della Piana di Ninive, il 22 settembre 1991 e stato ordinato nel 2016 a Erbil, capitale della regione autonoma curda dell’Iraq, dal patriarca della chiesa Caldea, Luis Sako. Da un anno è a Roma al collegio Pio Romano, e vi resterà per altri due anni, dove sta studiando diritto canonico orientale all’istituto Pontificio orientale. “Ho fatto questa scelta– ha spiegato-per tentare di cambiare le leggi che violano la dignità umana e che differenziano una persona dall’altra”.Il mio villaggio era  lo stesso di padre Ragheed Ganni, martire ucciso dai terroristi nel 2007, insieme a tre suddiaconi sul sagrato della chiesa Spirito Santo di Mosul, dopo aver celebrato la messa domenicale- ha proseguito- noi cristiani iracheni negli ultimi decenn abbiamo vissuto persecuzioni e violenze. Eravamo circa un milione e 200 mila nel 2003, oggi dopo i conflitti armati e il genocidio di cui si è macchiato l’Isis, siamo meno di 250 mila. Nell’agosto 2014 l’Isis era avanzata nella Piana di Ninive costringendo oltre 100 mila cristiani a fuggire nel Kurdistan iracheno per non rinnegare la fede e salvare la propria vita. Io ero tra loro insieme con gli abitanti del mio villaggio”

Seregno: la Madonna di Batnaya e la fede in Iraq

Il ricordo: “In quei momenti terribili sentivamo lo scontro tra l’Isis e le forze di sicurezza. La gente si era riversata in chiesa per chiedere aiuto al parroco sul cosa fare, c’era tanta disperazioni. Anche se ci spezzava il cuore, non c’era altra soluzione che abbandonare tutto e fuggire verso Erbil. La cosa più importante per me è stato mettere in salvo dalla profanazione dell’Isis l’eucaristia. Sono stato l’ultimo a prenderla e primo a riportarla dopo la liberazione. Come era accaduto al popolo d’Israele nel mar Rosso, ho sentito la mano del Signore su di noi e Lui ci ha salvati. E questo ha rafforzato la mia vocazione di diventare sacerdote per servire il mio popolo oppresso, sofferente e ferito, perché io gli appartengo. Nonostante la persecuzione il popolo cristiano è unito. La fondazione pontificia “Aiuto alla chiesa che soffre” grazie alla generosità dei suoi benefattori, ha sostenuto e continua a farlo i cristiani in Iraq, con aiuti umanitari”. La presenza del cristianesimo in Iraq risale al primo secolo dopo Cristo, quando san Tommaso ha evangelizzato l’Iraq e dopo di lui i suoi discepoli Mar Addai e Mar Mari, hanno continuato la sua opera. Quando i musulmani sono entrati in Iraq, la percentuale dei cristiani non era inferiore al 50%. La chiesa d’Oriente si era  diffusa in questo paese da nord a sud, fino a raggiungere l’India e la Cina intorno al VII secolo d.C. I cristiani avevano subito violenze e persecuzioni, e decine di migliaia di loro sono stati martirizzati nel nome di Cristo.

Seregno: la Madonna di Batnaya e la fede dopo la caduta di Saddam Hussain

“ Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003- ha continuato don Martin- i cristiani iracheni sono diventati vulnerabili agli attacchi dei gruppi terroristici. Molti cittadini innocenti, vescovi, sacerdoti e suddiaconi sono stati uccisi e molte chiese sono state bombardate. Nel 2006 padre Paul Iskandar è stato rapito e ucciso. Nel 2008, il vescovo Mar Pauls Faraj Rahho, è stato martirizzato con tre compagni dopo la preghiera. Era il vescovo che ho molto amato, da lui ho ricevuto  la prima comunione  e che mi ha sempre incoraggiato ad entrare in seminario. Nel 2009, gli autobus che trasportavano studenti cristiani all’università di Mosul sono stati bombardati e due persone uccise a causa di questo attentato e dozzine di loro sono state ferite.  Nel 2010 a Baghdad i terroristi hanno compiuto un massacro nella chiesa di Saiedat alnajat durante la messa domenicale, in cui sono stati martirizzati due giovani sacerdoti e più di 50 fedeli”. L’ultima notte prima che l’Isis occupasse la Piana di Ninive ha detto il giovane sacerdote iracheno: “era il 6 agosto 2014, mi trovavo nella canonica della mia parrocchia, la mia famiglia era emigrata in America a causa delle condizioni già critiche del Paese, e alle cinque del mattino sono stati svegliato dal suono di un primo missile lanciato su Mosul. Ero preoccupato, era il giorno della festa della Trasfigurazione di Nostro Signore. Ho iniziato a pregare. Alle 10 di sera mentre ero con padre Thabet avevo ricevuto un messaggio: la città di Tal Kaif è caduta, è stata la prima città cristiana a cadere nelle mani dell’Isis”. La fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, grazie alla generosità dei suoi benefattori, continua a sostenere i cristiani in Iraq, con aiuti umanitari di emergenza e per la pastorale. Oggi nella Piana di Ninive oltre 10 mila famiglie sono tornate a casa e oltre il 57% delle abitazioni è stato ricostruito.