Cinque comunità pastorali, un’unità, una parrocchia, oltre 184 mila persone, un consiglio pastorale decanale con 41 membri: è il grande decanato Seveso-Seregno. La realtà così ampia ha vissuto martedì 19 gennaio la sua prima convocazione pubblica corale per la visita pastorale dell’arcivescovo Angelo Scola nella chiesa di Santa Maria Nascente a Meda. Un appuntamento particolarmente sentito e partecipato. «Grazie per questa bella occasione, – ha detto il cardinale ai tanti fedeli intervenuti – un momento che mi permette di vivere con voi un gesto a cui do tanto peso. La scelta di essere qui è una scelta di convinzione e quindi l’abbraccio ideale che mi offrite è un dono grande, un sostegno per il mio compito e per il ministero di vescovo».
L’arcivescovo ha poi risposto con grande disponibilità alle domande dei presenti. «Fare comunità – ha continuato Scola – è ben diverso dal parlare genericamente di pastorale di insieme o organizzare qualche iniziativa in comune».
«Bisogna fare in modo che questa esperienza diventi più proponibile, lasciandoci alle spalle l’idea che la Comunità nasca dalla mancanza di preti, anche se innegabile. Non è solo questo il suo scopo, ma è la missione della Chiesa, ossia lasciare passare il volto di Cristo in ogni ambiente dell’umana esistenza, senza perdere la fisionomia propria e la capillarità tipica delle parrocchie».
«È evidente che una proposta, per esempio, fatta ai giovani all’interno di una Comunità può raggiungere un numero maggiore di ragazzi e può farlo in maniera qualitativamente migliore e con più fascino». Un invito chiaro, dunque, a una chiesa aperta, come indica Papa Francesco.
«La mentalità distratta è il punto debole di oggi – ha rimarcato Scola – perché la nostra è un’epoca di oblio del senso della storia, del valore della fedeltà, di Dio stesso, di Gesù. Domandiamoci che peso ha il Signore nella mia giornata, Lui che vuole bene a ciascuno di noi, che ci ha scelti a uno a uno prima che fossimo concepiti e che ci accompagna tenendoci la mano sotto il mento».
«L’io distratto è, appunto, l’io dimentico di questa presenza. Il primo modo per prendere sul serio la misericordia di Dio, che il Giubileo ci fa provare in questo anno, è liberarci da tale smemoratezza, magari invitando parenti e amici, battezzati, al gesto umile e semplice di oltrepassare la Porta Santa che ci libera da questa sorta di “Icmesa” (ossia di avvelenamento) dello Spirito».
Con l’occasione, il decano don Flavio Riva, parroco a Cesano Maderno, ha poi ricordato la prossima iniziativa unitaria, il 17 aprile, col Giubileo decanale celebrato alla Porta Santa del Santuario di San Pietro Martire a Seveso.