Muggiò, dimenticano le forchette a casa: «Due bambine costrette a mangiare con le mani al Summer camp di Monza»

La denuncia di una mamma, arrivate le scuse della responsabile della cooperativa: «Da mamma, e non solo da imprenditrice vi prego di credere al mio totale sconcerto e al profondo rammarico per quanto accaduto».
Bambini (repertorio)
Bambini (repertorio)

Costrette a nove anni a mangiare il riso con le mani, perché avevano dimenticato le posate a casa. È accaduto a due bambine muggioresi, che dal 21 al 25 giugno hanno frequentato il progetto “Summer camp 2021”, che si svolge ai Musei Civici di Monza, come ha denunciato C.R., la mamma di una delle due bambine, che è anche insegnante. L’episodio si è verificato proprio l’ultimo giorno quando, al momento del pasto, le due bambine hanno informato gli educatori di avere dimenticato le posate per poter mangiare l’insalata di riso, che avevano portato da casa: «A quel punto – ha detto C.R. – le soluzioni erano tre: andare ad uno degli innumerevoli bar e ristoranti che animano il centro di Monza e chiedere due forchettine per una spesa pari a 10 centesimi, quella ovvia di chiamare i genitori, oppure dire alle bambine di arrangiarsi».

Per quanto assurdo possa sembrare, l’operatore della cooperativa che gestisce il camp ha optato per l’ultima opzione: «Il responsabile dell’animazione – ha proseguito – ha detto alle bambine di rimediare come meglio avessero creduto e di prendersi le loro responsabilità: così a nove anni sono state costrette a mangiare il riso con le mani».

Informati dell’accaduto la cooperativa, il Comune di Monza e l’assessorato competente, la mamma ha chiesto la restituzione della quota di iscrizione moltiplicata per tre: «Un gesto simbolico per la nostra bimba dei danni morali ricevuti e per dimostrarle che c’è un mondo sano». Quasi immediate sono arrivate le scuse della responsabile della cooperativa: «Da mamma, e non solo da imprenditrice – ha scritto la responsabile del servizio – vi prego di credere al mio totale sconcerto e al profondo rammarico per quanto accaduto alle vostre bambine, a cui sono prontissima a porgere anche di persona le mie sentite scuse. Da oltre vent’anni la mia società opera con musei e istituzioni pubbliche di Milano e della Lombardia, senza che mai sia accaduto nulla di simile. Sono perfettamente consapevole che nessuna forma di stanchezza, stress, o caldo possa giustificare la superficialità e la pochezza, con la quale l’operatore ha gestito una situazione che poteva essere affrontata e risolta in modo diverso».