Giuseppina Biella riposa nel cimitero di Meda in una tomba accanto a quella della figlia Sabrina, scomparsa nel 1999 a causa di una malattia. Il suo corpo non può essere cremato come lei stessa avrebbe voluto perché l’inchiesta legata alla strage del Museo del Bardo di Tunisi, compiuta da due terroristi dell’Isis, è ancora aperta: la salma della cittadina medese deve poter rimanere a disposizione della magistratura. A più di tre anni dalla morte della donna, avvenuta il 18 marzo 2015, lo fa sapere il figlio Silvio Senzani. La sua è una semplice constatazione dei fatti, nessuna recriminazione.
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La famiglia Senzani è così, fin dalle prime ore lucide che ha vissuto dopo la tragedia che l’ha colpita, si è sempre distinta per la dignità con cui ha affrontato la situazione. Sergio Senzani, marito di Giuseppina, oggi 80enne, che si è salvato per caso dalle raffiche di kalashnikov sparate dai terroristi e che per primo ha abbracciato la moglie ormai senza vita, non ha mai pronunciato una parola di odio nei confronti di nessuno. Il giorno del funerale di Giuseppina, malgrado la protesi all’anca che gli era stata impiantata pochi mesi prima, era rimasto in piedi per tutta la durata della funzione con una mano appoggiata alla bara.
«Dopo quello che è accaduto, mio papà ha reagito – racconta Silvio Senzani – non si è chiuso in se stesso. A tre anni dalla morte di mia madre però non sta più benissimo. Fa fatica a dormire, non ha crisi di panico, ma soffre perché si vedeva invecchiare con mia madre e invece…».
Sergio Senzani e il figlio Silvio sono stati a Roma, Sergio era stato chiamato a testimoniare davanti ai giudici: «Dall’inchiesta è emerso che mia madre è stata colpita da quattro proiettili, uno solo mortale, ci hanno detto che non ha sofferto, ma non sappiamo se è stato fatto un esame balistico – spiega – Ci sono poi altri aspetti da chiarire».
Lo Stato ha riconosciuto alla famiglia Senzani un piccolo risarcimento perché familiari delle vittime del terrorismo. «Anche la Costa Crociere ci ha fatto un’offerta di risarcimento, mio padre ha deciso di accettarla perché non se la sentiva di sopportare eventuali lungaggini legali – continua il figlio – Forse la compagnia avrebbe potuto annullare la visita al Museo del Bardo dato che proprio quel giorno il primo obiettivo dei terroristi non era il museo ma il Parlamento tunisino che è lì vicino e dove si stava approvando una legge sull’antiterrorismo. Una scolaresca italiana in viaggio con un’altra compagnia di crociera, su suggerimento di una professoressa, cancellò la visita».