«Lo sapevamo. E infatti quanto tempo fa l’avevamo detto, noi, che le cose sarebbero finite così?». Con “così” i residenti – almeno, quelli rimasti – si riferiscono a un progressivo svuotamento, in termini residenziali, di piazza San Paolo a Monza e dei suoi immediati dintorni. Spiegano le dinamiche in corso: «I vicini se ne vanno: cercano casa altrove, in zone più tranquille. Qualche nuova famiglia è arrivata negli ultimi mesi, ma il ricambio non è sufficiente: molti appartamenti restano vuoti, e non solo perché gli affitti sono mediamente alti».
Monza, i residenti lasciano piazza San Paolo: i motivi
Elencano i diversi i fattori che, nel tempo, hanno causato questo «allontanamento volontario»: al primo posto «il giro di spaccio», subito seguito dalla «trasformazione della piazza in una nuova via Bergamo» – vale a dire, in una nuova zona zeppa di locali aperti fino a tardi.
«Riconosciamo gli spacciatori perché i due, tre che girano adesso da queste parti, arrivano con un cane al guinzaglio. Dalle nostre finestre vediamo nascondere le dosi tra le piante della piazza. Conosciamo a memoria le zone in cui, dopo aver acquistato, i ragazzi vanno a consumare: via Pennati e via Longhi restano le destinazioni più gettonate, e ce ne accorgiamo anche da quello che troviamo per terra».
La piazza dista poche centinaia di metri dal municipio, «eppure – proseguono, un fiume in piena – queste cose qui succedono sempre. Da anni, e a prescindere dal colore politico delle giunte. Chi ha ancora voglia, come noi, pochi ormai, cerca di far sentire la propria voce. E di ammutolire le voci e le grida che arrivano da fuori installando doppi e tripli vetri in casa. Gli altri se ne vanno, stufi. Ma c’è anche da dire questo: in tanti non vogliono prendere posizione, perché hanno paura di possibili ripercussioni».
Monza, i residenti lasciano piazza San Paolo: parlano i residenti
L’unica cosa che ancora non è stata tentata, aggiungono, è l’istituzione di «un gruppo di controllo del vicinato: proveremo anche questo. E ci auguriamo che il nuovo questore, il dottor Barilaro, appena arrivato in città, una volta studiate le dinamiche in corso, prenda subito a cuore la nostra situazione».
Poi, l’altro fattore da prendere in considerazione: la (mala)movida che non si alimenta da sé, perché è agevolata dalla «presenza di locali, aperti fino a tardi, e che oltretutto occupano porzioni sempre maggiori di suolo pubblico».
Stando così le cose, proseguono, interrompere la «spirale» che si è generata diventa sempre più difficile. «È frustrante. Perché ci ricordiamo com’era la piazza fino a qualche anno fa: un luogo adatto al ritrovo degli anziani e dei pensionati che al mattino scambiavano quattro chiacchiere leggendo il giornale, e uno spazio che nel pomeriggio accoglieva i più piccoli per giochi e merende all’uscita da scuola. Ora non la riconosciamo questa nostra piazza: non ha più lo stesso valore sociale di un tempo. Non abbiamo bisogno di via vai sospetti e di locali aperti fino a tardi: abbiamo bisogno di luoghi e spazi sicuri».