C’è la schiera di villette, ci sono le cantine, ci sono i box e poi, sorpresa, i bunker antiatomoci. Che all’epoca della loro costruzione erano pubblicizzate come le prime case in Italia vendute con la speciale dotazione per sopravvivere, eventualmente, all’apocalisse nucleare che teneva con il fiato sospeso il mondo nell’apice della Guerra fredda.
Anni Ottanta, giù di lì: gli Stati uniti da una parte, l’Unione sovietica dall’altra, la corsa agli armamenti con i presidenti Jimmy Carter e poi Ronald Reagan da una parte, Leonid Brežnev, Jurij Vladimirovič Andropov e Konstantin Černenko dall’altra.
Oggi, come allora, lo spettro nucleare torna a mostrarsi, allora era un argomento all’ordine del giorno, capace di diventare sistematico soggetto anche di film: nel 1983 uscì per esempio “War games” con un giovanissimo Matthew Broderick, ma «soprattutto “The day after”», racconta una delle attuali proprietarie di una delle villette, pensando alla pellicola Usa che raccontava le conseguenze di un conflitto atomico sulla Terra.
«Ma non credo che qualcuno abbiamo comprato davvero la casa per mettersi al riparo in caso di bombe: erano semplicemente le prime villette che veniva costruite in questa zona, a San Rocco».
All’epoca Gabetti le vendeva con il nome “il Sito de’ Santi” e qualche anno dopo, nel 1986, tornarono all’attenzione delle cronache, sulle pagine del Corriere della Sera, a firma di Giselda Garabarino: alla fine di aprile di quell’anno si verificò il disastro nucleare di Černobyl, rinnovando le paure da catastrofe in tutto il mondo. Timori che fino a un mese fa sembravano un ricordo sbiadito.
«No, nessuno usa i bunker per lo scopo per cui sono stati creati – racconta ancora la monzese – c’è chi ci tiene documenti, chi ne ha fatto un ripostiglio, ma nessuno ha mai pensato di tenerlo pronto per l’uso», tanto più che andrebbero attivati, per così dire: sono dotati di sistema idrico e di sistema di aerazione, che però bisogna mettere in moto (per una cifra che si aggira intorno agli 800 euro per l’insieme delle villette). «Quindi al momento, per esempio, non essendoci aria non ci si può tenere cibo.
I bunker si trovano lungo un corridoio sotterraneo sul quale si aprono le sedici enormi porte da “cassaforte”. All’esterno, uno ogni due bunker, il bagno con la doccia. L’interno è uno spazio di circa 2 metri per 3, quanto può bastare per una piccola famiglia per pochi giorni, di più sarebbe impensabile. «Avrebbero potuto fare una piscina, piuttosto» dice e sorride la monzese.
«La porta si apre facilmente, ma è spessa una trentina di centimetri e ha una chiave della stessa lunghezza per aprire e chiudere: la chiave muove i due enormi chiavistelli della serratura. E conviene stare attenti a non schiacciarsi le dita» aggiunge, per poi dire: «Sui bunker ci paghiamo anche l’Imu».