Monza, Ledha rilancia sull’Arengario (chiuso agli eventi): «Comune ammetti di aver discriminato»

Una delle condizioni poste dalla Ledha, la Lega per i diritti delle persone con disabilità, per chiudere con un accordo il ricorso presentato in Tribunale a Milano contro il Comune di Monza per l’uso dell’Arengario come sede di eventi: «Ammettete di aver discriminato le persone con disabilità»
monza arengario barriere architettoniche scale -
monza arengario barriere architettoniche scale – Fabrizio Radaelli

Il Comune di Monza dovrà ammettere pubblicamente di aver discriminato i cittadini con difficoltà motorie: è una delle condizioni poste dalla Ledha, la Lega per i diritti delle persone con disabilità, per chiudere con un accordo il ricorso presentato in Tribunale a Milano contro il municipio che fino al 2021 ha promosso eventi in Arengario nonostante il salone non sia accessibile a chi si sposta in carrozzina o ha difficoltà motorie.

La proposta di conciliazione presentata dal Comune, che con una delibera si è impegnato a non organizzare iniziative fino a quando non saranno abbattute le barriere architettoniche e a versare un risarcimento di 3.000 euro, non soddisfa l’associazione che rilancia.

La controproposta, spiega la Ledha, riporta «alcuni passaggi a cui le persone con disabilità non possono rinunciare». Il primo, che potrebbe essere il più difficile da digerire in municipio, è la firma di un accordo pubblico in cui le parti riconoscano «l’avvenuta discriminazione» ai danni dei disabili.
La bozza prosegue con l’impegno a una «costante collaborazione per il superamento delle barriere architettoniche» attraverso la stesura di un piano in cui siano coinvolte le associazioni. L’amministrazione, peraltro, si sta confrontando con la Sovrintendenza sul progetto per installare un ascensore. Chiude l’impegno a non utilizzare l’Arengario finché non sia raggiungibile da tutti.

Il testo del Comune, aggiunge la Ledha, non terrebbe conto che la discriminazione «si è protratta per ben due anni» durante i quali l’ente è stato sollecitato «con lettere, solleciti, e diffide» a mutare atteggiamento. La Lega, infine, accetta i 3.000 euro, ma ritiene «doveroso chiedere, oltre alla copertura delle spese legali sostenute per l’assistenza giudiziale davanti al Tribunale, anche un equo indennizzo che tenga conto dei due anni di lavoro svolto dai propri operatori, nonché del pregiudizio subito alla stessa mission dell’associazione».