Maria Vittoria Albani Scala aveva lanciato la proposta attraverso le pagine del Cittadino a gennaio. O meglio: aveva manifestato un suo sogno, quello di avere una mostra nella città in cui è cresciuta, Monza. E l’assessorato alla cultura di Massimiliano Longo ha realizzato quel sogno: apre venerdì 27 aprile, la mostra “Il Gioiello Fantasia” che porta all’arengario le creazioni di Albani Scala, in arte Ornella Bijoux.
Quelli che si potranno ammirare nel palazzo civico fino al 20 maggio le creazioni di una “ tra le più rinomate firme del gioiello fantasia e icona del bijoux made in Italy”, come ricorda il Comune: in esposizione oltre 200 pezzi unici, realizzati a mano, “che raccontano, attraverso sessant’anni di creatività, il susseguirsi della Moda secondo la lettura originale, elegante e solare della grande designer”.
La mostra è curata da Bianca Cappello, storica e critica del gioiello, docente, coordinatrice e curatrice di conferenze e seminari sulla Storia del gioiello e della bigiotteria, attività che completa con pubblicazioni su questo argomento.
«Dopo le eccellenze del Made in Brianza, esposte nel #FuorisaloneMonza2018, il suggestivo spazio dell’arengario ospita le creazioni di un altro grande talento del nostro territorio, una celebre firma dell’artigianato artistico» ha detto Longo.
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L’intervista a Maria Vittoria Albani Scala di Carla Colmegna pubblicata sul Cittadino di giovedì 4 gennaio 2018 per la serie “Tipi monzesi”.
La bottega storica Ornella Bijoux di via Monte Cervino a Milano, zona City Life, è un’indigestione di luccichii, cassettini e 30mila bijoux. A guidarla è Maria Vittoria Albani, signora elegante, monzese, legata alle proprie origini.
Maria Vittoria ha 88 anni e governa, con la figlia Simona Scala, l’azienda di bigiotteria di alta qualità fondata nel ‘44 dalla mamma Piera. Maria Vittoria lasciò la scuola a 15 anni per disegnare e creare.
Il primo “Premio Concorso Nazionale per l’accessorio nell’alta moda” a Roma e del ‘57. Poi l’ascesa è costante. Negli anni ’60 i gioielli di Ornella bijoux vanno in Inghilterra e nei grandi magazzini americani. Nel 1962, nasce in via Montenapoleone “Creazioni Maria Vittoria”. Comincia la collaborazione con Biki (che trasformò il look della Callas), Céline, Borbonese e il Giappone. Negli ‘80 e ‘90 tocca a Dolce&Gabbana, Swarovski e De Wan. I bijoux Albani sono stati esposti anche alla Mostra itinerante del Teatro alla Scala di Swarovski, al Victoria Museum di Londra, a New York, Tokio e nelle più importanti capitali. Questa, in sintesi, la carta d’identità della “Maestra d’Arte” Maria Vittoria, ma lei si racconta meglio.
Signora Albani, come nasce Ornella Bijoux?
Sono nata a Monza, da parte di papà sono parente degli Erba di Monza, da parte di mia nonna parente dei Tagliabue, i petrolieri. Mia mamma, rimasta vedova, ha lavorato come segretaria dai Tagliabue, ma poi ha preferito trasferirsi con me a Milano perché dai Tagliabue c’era una persona che le faceva il filo, ma che a lei non piaceva (e sorride, nda). La mamma produsse bijoux per la ditta di profumi Gum, dove lavorava a Milano, quando con la guerra era mancato l’alcol per i profumi. Poi, tornato l’alcol, Gum riprese coi profumi e la mamma rilevò i bijoux nel ‘44. Io ho iniziato con lei per necessità. Si andava, io e mamma, dai clienti da Milano a Salò in bicicletta, con la valigia di gioielli legata sul portapacchi. Così mi sono appassionata a quel lavoro.
Creavate in casa e vendevate di persona, come per l’artigianato brianzolo.
Sì, modello casa-bottega: a Monza abitavo in via delle Grazie vecchie al 7, poi in via Aspromonte dove c’erano i Tagliabue e poi a Milano. A Milano la casa-laboratorio era in viale Jenner, poi per 30 anni in piazza Carducci, comodo, ma non si finiva mai di lavorare. Ora lavoro dalle 8 alle 12 e dopo pranzo fino alle 18. Delle mie origini ho mantenuto anche il non buttare mai via niente. Tengo anche i gioielli che non mi piacciono. Li lascio lì finché mi viene un’idea per migliorarli. Uso di tutto, sassi, ceramica, metallo, ma prediligo pietre, cristallo e sassi. Un anno ero in vacanza in Alto Adige, lì c’erano i quarzi; li ho presi, sono tornata e ho fatto un bracciale molto bello con quei sassi; quando sono finiti ho mandato mio marito a chiedere all’università dove avremmo potuto trovarne altri, gli hanno detto di andare lungo il Po a cercarli perché scendono da lì e così abbiamo fatto.
Ha mai pensato di cambiare lavoro?
Mai. Non ci penso proprio. Ho due figli, uno lavora in banca, e non li ho mai spinti a seguirmi, ma ora che Simona lavora con me, ormai da anni, perché dovrei smettere?
Monza l’ha mai ispirata?
No, anche se ho riprodotto i gioielli della regina (dei Savoia, nda) per una mia cliente. Nel 2016 c’è stata una mostra a Palazzo Reale e ho ricreato per De Wan quelli della corona, sono in un libro del Quirinale. Il 95% dei gioielli nel libro sono miei, ma c’è scritto solo che io ho collaborato; ecco, non vedere riconosciuto il mio lavoro mi ha dato molto fastidio. Mi piacerebbe moltissimo fare una mostra a Monza. Basterebbe portare quella fatta a Casalmaggiore nel 2015, ma il sindaco deve sbrigarsi… vorrei esserci anche io.
Cosa serve per arrivare al successo?
Passione e immedesimazione. Io non porto gioielli, solo, a volte, qualche spilla, ma mi chiedo sempre: questo gioiello lo indosserei? Sempre immedesimarsi, così lavorare diventa gioia! Anche creatività e la ricerca non devono mai esaurirsi; io schizzo, creo, cerco materiali: sughero, sassi, conchiglie, metallo che lavoro anche con aziende che seguono le mie idee.
La sua creatività è nel mondo, come ha fatto?
Ho lavorato per un mercato di nicchia attraverso intermediari come i Borbonese. I contatti grossi vengono da soli perché le nostre cose sono speciali. Giorgini, che ha lanciato l’artigianato italiano e la nostra moda in America, ci trovò contatti con americani, tedeschi, francesi e giapponesi. Ero diffidente verso i giapponesi, si diceva copiassero tutto. Invece sono stati clienti molto seri e mi hanno detto che i miei bijoux è difficile copiarli, perché mai uguali, fatti uno a uno. Una mia collana ce l’ha anche alla moglie dell’imperatore giapponese; ne avevo fornita una tipo Tiffany a Tokio, lei l’ha vista e l’ha voluta. Anche Grace Kelly a Montecarlo ha acquistato alcune mie spille.
Ha mai cacciato un cliente insoddisfatto?
Una volta, era un giapponese. L’ho mandato via, ma dopo tanti anni è tornato e ha comperato. Ho molti clienti affezionati, una tedesca molto carina che si è servita da me per tanti anni, una libanese, Simona, con una boutique molto importante a Beirut, una bella persona. Mia figlia si chiama Simona in suo onore.
Nel suo laboratorio ha anche stagisti, qualcuno promettente?
No, però vorrei creare spazi per i ragazzi che escono dalle scuole. Mi piacerebbe farli provare a creare e ad avviare una attività. Ne sto parlando con una docente del Politecnico, sarebbe bello avere piccoli laboratori, con agevolazioni per loro. Oggi chi comincia viene spesso sfruttato. All’Accademia di Venezia e al Politecnico ho parlato con i ragazzi, si entusiasmano, ma non hanno grandi opportunità. E poi, ci sono buoni esecutori, ma poca passione. E i computer uccidono la creatività, annullano la manualità che rende speciali. Qualche nostro gioiello ora è in vendita online, internet serve per avere contatti, ad esempio con il Metropolitan di New York che ci ha chiesto di ricreare alcuni gioielli dei Longobardi, ma io non uso il pc, non è creativo.
Ha mai lavorato invece per lo spettacolo?
Mia mamma, con il teatro di rivista. Dapporto le fece pure una dedica. La conservo.
Come vede la moda di oggi?
Non esiste. Tutto è copiatura, non c’è personalità, c’è tanto di orribile, come i pantaloni tagliati.
Lei si ispira all’arte per le sue creazioni? Pare di ritrovarci echi di quella antica.
Sì, perché nel passato non si badava al tempo, ma al fare le cose bene. Gli oggetti avevano un altro aspetto e valore, il tempo porta creatività.
Una domanda un po’ brianzola prima dei saluti: quando costa un suo gioiello?
Il prezzo cresce in base al tempo, in ogni oggetto c’è il mio tempo, io ci metto tutto quello che serve perché sia fatto bene. E ogni mio bijou deve essere fatto bene (i gioielli di Ornella bijoux partono da poco meno di 200 euro, nda).