«Tra gli edifici dismessi della città, ce n’è uno che da qualche tempo non si sente più nominare. Eppure – segnalano alcuni lettori alla redazione mobile di piazza Roma – assieme alla ex caserma San Paolo, è uno dei più centrali».
Si tratta dell’ex Inam di via Padre Reginaldo Giuliani: «Io ci abito proprio accanto – ha raccontato una lettrice lo scorso giovedì – e ho ancora ben in mente anche l’odore di zolfo che usciva da alcuni ambulatori, conseguenza di particolari cure mediche». L’edificio è riaffiorato alla memoria dei monzesi perché «l’amministrazione ha promosso un tour alla scoperta delle aree dismesse della città», spiegano, e perché potrebbe risolvere il problema della mancanza di spazio riscontrata da parecchi istituti scolastici: «Che la si trasformi in una scuola – suggeriscono i lettori – viste le dimensioni e la posizione, centralissima, potrebbe accogliere molti studenti».
Invece i programmi dell’amministrazione sono diversi: l’ex Inam è in vendita, da anni. Ma nessuno la compra. La palazzina, costruita nel 1954, diventa nel 2008 di proprietà del comune di Monza: fautore dell’acquisto l’allora sindaco Marco Mariani. Si spendono 5,4 milioni di euro e l’intenzione è quella di trasferire in quegli spazi (oltre 3.500 metri quadri di superficie lorda di pavimento) parte degli uffici presenti nel palazzo di piazza Trento e Trieste. Un’idea vincente solo sulla carta perché, poi, di quel trasferimento non si fa più nulla: per ristrutturare l’edificio non ci sono soldi. E allora, nel 2014, viene inserita nel piano comunale delle alienazioni dalla giunta Scanagatti: viene messa in vendita, in saldo, per 3,6 milioni di euro. Gli anni passano e gli acquirenti latitano: l’edificio rientra anche nel piano delle alienazioni targato 2018 per quasi 3,9 milioni.
Non solo, però: viene anche inserito nel bando Attract indetto da regione Lombardia proprio per favorire il recupero di alcune aree dismesse del territorio attirando possibili investitori. Sul sito attractlombardy a proposito dell’ex Inam si legge che il settore più avvantaggiato sarebbe quello ricettivo, ma che comunque l’edificio ammette una “pluralità di destinazioni d’uso”. La partita, iniziata dieci anni fa, resta ancora aperta.