Pestato a “pugni e manganellate”, poi portato in carcere malconcio e col volto tumefatto. Eppure, nel verbale dello scorso 20 ottobre risultava lui, un tunisino irregolare, uno dei tanti tossicodipendenti che gravitano attorno alla zona della stazione di Monza, il violento che avrebbe assaltato i carabinieri dopo essere “uscito da un anfratto”, e brandendo un “coltello da cucina e una catena che portava al collo”.
Ma quello stesso verbale, secondo la Procura, è falso, così come priva di fondamento sarebbe l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Per questo motivo, adesso, due carabinieri della compagnia di Monza, tra cui un appuntato, sono stati sospesi dal servizio per un anno intero, in virtù di un’ordinanza emessa dal gip di piazza Garibaldi Patrizia Gallucci su richiesta del sostituto procuratore Flaminio Forieri.
Provvedimento restrittivo emesso nell’ambito dell’indagine che vede i due uomini dell’Arma (uno dei quali già condannato in passato dal tribunale militare per ingiurie e dalla Corte d’Appello di Brescia per un illecito amministrativo) indagati per i reati di falso, calunnia e lesioni. E contro il quale i due, che si professano innocenti, hanno presentato ricorso al tribunale del Riesame.
All’epoca dei fatti, il nordafricano era ricercato per una doppia ipotesi di rapina di un telefonino e di una bicicletta, poi utilizzata per fuggire alla pattuglia che lo inseguiva. Lo avevano trovato nel suo alloggio di fortuna alla ex ‘Fossati Lamperti’. In quella occasione era stato accusato anche di resistenza a pubblico ufficiale. Reato dal quale era stato poi assolto, mentre le rapine erano state riqualificate nel reato di furto con strappo.
Che ci fosse però qualcosa che non andava nel trattamento riservato all’uomo, assistito dall’avvocato monzese Giacomo Crippa, lo avevano notato i medici del carcere.
L’uomo aveva fatto il suo ingresso nella casa circondariale via Sanquirico alle otto di sera del 20 ottobre, ma era stato bloccato al mattino (undici ore prima), e trattenuto nella caserma di via Volturno. In quel lasso di tempo, agli atti risulta anche l’intervento di un’ambulanza, ma il personale del 118 non aveva rivelato alcuna ferita, a parte un herpes sanguinante al labbro, e lo aveva riaccompagnato in camera di sicurezza.
Alla sera invece, il tunisino, di corporatura molto esile, era dolorante e col volto pesto. “Vistosamente zoppicante”, riportano agli atti, con “evidenti ferite” alla testa, e “altri traumi alle mani e sulla schiena”. Il gip parla di “odiosa gratuita violenza”, perpetrata “nei confronti di chi non poteva difendersi”. Atteggiamento che denoterebbe “grave mancanza della consapevolezza del ruolo svolto”, e che arreca “grave pregiudizio per l’immagine dell’Arma dei carabinieri”.