È stato il simbolo della buona politica, di quella di cui si sente la mancanza: è per questo che Enrico Berlinguer è amato e stimato non solo a sinistra. L’affetto, e la nostalgia, che ancora circondano il segretario del Pci erano palpabili giovedì 10 al teatro Manzoni, in occasione del primo appuntamento organizzato dal Pd monzese per celebrarlo a quarant’anni dalla morte.
La sua personalità è stata tratteggiata da chi gli è stato vicino, come Massimo D’Alema, da dirigenti del Partito comunista e da chi, come Ferruccio De Bortoli è stato testimone di quell’epoca.«Nel mondo di allora c’erano valori andati perduti – ha affermato D’Alema – Aldo Moro e Berlinguer erano le figure più eminenti: entrambi hanno avuto le qualità di quella stagione, senza averne i difetti». Il segretario del Pci, ha ricordato, ha strappato il legame con l’Unione Sovietica dove «era percepito come un avversario pericoloso» e ha inventato «un nuovo comunismo fondato sulla critica moderna alla società capitalista». «Non era un predicatore di moralità, ma un uomo morale – ha spiegato – era timido, soprattutto con le donne, ma era una star internazionale ed è stato il primo leader della sinistra ad avere la copertina del Time». Ora occorre evitare di semplificare la sua figura: «Sapeva usare le durezze e le sottigliezze della politica – ha commentato D’Alema – se lo si trasforma in un santone si perde il senso della sua complessità».
Monza, Fumagalli: «Oggi Berlinguer sarebbe un alieno»
«Oggi sarebbe un alieno – ha riflettuto Marco Fumagalli, nel 1984 segretario della Federazione dei giovani comunisti – negli anni della corsa al riarmo avvertiva l’angoscia della pace, insisteva sui rischi della guerra e si aggrappava a ogni elemento che potesse aiutare il processo di distensione». Il suo era uno sguardo proiettato in avanti: «Nell’83 – ha raccontato Fumagalli – pensava a un congresso di futurologia a cui invitare scienziati e studiosi dell’ambiente, della demografia e dei flussi migratori per capire» come il clima potesse influire sull’immigrazione dall’Africa.
Monza, Berlinguer un esempio per le generazioni successive
Sul piano nazionale, ha notato Barbara Pollastrini, ha compreso l’importanza della questione femminile.Berlinguer è stato tra i protagonisti della «politica della fermezza» che ha consentito di sconfiggere il terrorismo, ha dichiarato De Bortoli suscitando gli applausi del pubblico. Per chi è nato dopo la sua morte, come la consigliera comunale del Pd Giulia Bonetti, il leader del Pci «è soprattutto un’idea». Il primo a parlarle di lui è stato suo nonno, «ex fascista, vicino al Msi» ma ha approfondito la sua figura anni dopo, quando militava in Lotta Comunista che lo considerava un traditore a causa dello strappo con l’Urss: «Quando ho conosciuto la sua storia – ha detto – mi sono allontanata» da quel movimento.
Monza, Berlinguer e i prossimi appuntamenti
Il ciclo “Berlinguer ti vogliamo ancora bene”, curato dal segretario cittadino Valerio Imperatori e dall’ex sindaco Roberto Scanagatti, proseguirà venerdì 25, alle 18.30 nella sala Bella dell’istituto Dehon di via Appiani 1, dove Massimo Giannini, già direttore de La Stampa, intervisterà il parlamentare del Pd Gianni Cuperlo sull’attualità della figura di Berlinguer. Fino a domenica 27 in via Crispi 7 si potrà visitare la mostra fotografica “I luoghi e le parole di Berlinguer” che propone 75 scatti tra quelli che hanno richiamato un folto pubblico al Mattatoio di Roma e al Museo Civico Archeologico di Bologna, aperta dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 14 e dalle 16 alle 19 oltre che il sabato e la domenica dalle 11 alle 19.