In cantieri, oppure in capannoni dismessi. O, ancora, nelle cave. Se va bene finiscono sotterrati o tombati e poi, con il tempo, si vedrà. Oppure bruciati. E lì le conseguenze, dal punto di vista ecologico e della salute pubblica, si vedono – e si sentono – praticamente subito. È il business illecito dei rifiuti. Uno dei tanti delle organizzazioni criminali che operano in Lombardia citato ne “Le storie e i numeri dell’illegalità ambientale e delle ecomafie” del dossier 2023 di Legambiente Lombardia, presentato nei giorni scorsi, e al quale ha collaborato anche Cross, l’Osservatorio sulla criminalità organizzata della Università Statale di Milano.
I dati rappresentati attestano, innanzitutto, che su scala nazionale, nel corso dell’ultimo anno, si è registrato: “Un aumento dei numeri relativi a tutta la filiera del ciclo illegale del cemento, dalle cave ai reati urbanistici, dalla movimentazione terra alla produzione di calcestruzzo, fino alle imprese di costruzione”, una: “deflagrazione – secondo i relatori del dossier – che non può non essere messa in relazione con l’arrivo dei fondi del PNRR”.
Mafie, il business illecito dei rifiuti: i numeri, i sequestri e la contrazione degli illeciti accertati
La apparente buona notizia è che nel settore dei rifiuti si sia manifestata una “significativa contrazione generalizzata degli illeciti accertati”. Certo, se si guarda alla voce sequestri, il dato fa paura: “in poco più di un anno in tutta Italia sono stati sequestrati 2,8 milioni di tonnellate di rifiuti”. La Lombardia, in questo contesto, riveste purtroppo un ruolo da protagonista, “coinvolta in quasi un quarto delle inchieste”.
Legambiente Lombardia, attraverso, Sergio Cannavò – Responsabile del Centro di Azione Giuridica della associazione – non manca di rivolgere un appello affinché: “vengano rafforzati i controlli ambientali, che costituiscono, insieme all’efficientamento della giustizia penale, il più potente strumento di prevenzione e repressione” richiamando anche: “il buon lavoro svolto in tavoli interistituzionali e interforze”.
Mafie, il business illecito dei rifiuti: la Lombardia
La nostra regione, con 2.141 reati e 1.844 persone denunciate, 4 arrestate e 541 sequestri nel 2022, è al sesto posto in Italia dopo Campania, Puglia, Sicilia, Lazio e Calabria nella classifica dell’illegalità ambientale dove, da soli, i reati legati al ciclo del cemento e al ciclo dei rifiuti rappresentano quasi il 60 per cento. Fabio Cambielli, direttore generale di Arpa Lombardia, intervenuto nel dossier sul tema dell’importanza dei controlli ambientali, dice che nella regione ci sono mediamente 80 reati ambientali al giorno, numero che: “nel corso degli anni”, non sarebbe granché diminuito. Ma che: “le azioni preventive e repressive messe in campo, anche grazie alla proficua sinergia fra Agenzie per la Protezione Ambientale e Forze dell’Ordine, hanno conseguito il risultato di una riduzione importante delle condotte illecite nell’ambito del ciclo dei rifiuti (-33%)”. Altra cosa, spiega, è invece il “vero business”, il traffico illecito: “dal guadagno facile” che “può fruttare all’autotrasportatore 1.500 euro al giorno”. “Per questi reati, la legislazione vigente prevede una pena detentiva che va da 1 a 6 anni. Inutile dire – aggiunge Cambielli – che, dal mio punto di vista, occorrerebbero pene più severe”.
Un problema enorme è rappresentato anche dagli impianti di gestione dei rifiuti: da controlli su 1.104 siti: “la percentuale di impianti conformi è stata pari al 45,7%” si legge sulla ricerca. In 488 sono state commesse: “violazioni di natura penale”. In Lombardia, su 159 impianti in procedura semplificata e trattamento di veicoli fuori uso controllati, il 67% è risultato non conforme, per 91 attività le irregolarità sono state di natura penale. Regione che è anche quinta per corruzione in materia ambientale, dati del periodo agosto 2022-aprile 2023, con sette inchieste e 38 arresti.
Mafie, il business illecito dei rifiuti: i provvedimenti antimafia delle Prefetture
Emersa nel dossier la bontà ed efficacia dei provvedimenti antimafia emessi dalle Prefetture, comunicazioni e interdittive, ma anche la necessità, oltre che di implementare il personale addetto, di un: “ufficio della certificazione antimafia e della prevenzione collaborativa” che: “potrebbe rispondere concretamente ed efficacemente alla necessità di selezionare aziende sane che possano al meglio utilizzare i fondi pubblici, anche europei”. E, ancora, è “prima regione del Nord”, anche per quanto riguarda il “ciclo illegale dei rifiuti”, quarta in Italia con 362 reati, 618 persone denunciate, tre arrestate e 139 sequestri.
“Si è transitati attraverso almeno tre modalità di smaltimento abbastanza definite: dall’interramento e/o tombamento, passando per la stagione dei roghi, sino alla più recente fase dell’abbandono di rifiuti in capannoni dismessi” si spiega nel dossier. L’aspetto interessante è che “dagli anni 2000 che la ‘ndrangheta ha posto le basi per un rinnovamento del modello di traffico e smaltimento, accorciando la filiera e replicando, con le dovute differenze, gli schemi d’integrazione tra ciclo del cemento e ciclo dei rifiuti sviluppati in Calabria” cioè “lo sversamento in discariche abusive e/o dal tombamento in terreni privati o in cave abbandonate e in terrapieni in prossimità, soprattutto, degli svincoli delle tangenziali oppure in cantieri edili in qualche modo legati ai clan”. Citati nel dossier il caso di una azienda lecchese finita nell’inchiesta Infinito del 2001 e della cava di via Molinara, a Desio, scoperta nel 2008, attraverso l’operazione “Star wars”.
Mafie, il business illecito dei rifiuti: come mai in Lombardia?
Sempre la Lombardia è addirittura terza se si parla di incendi in impianti di trattamento, smaltimento e recupero rifiuti con 169 casi, oltre l’11% del totale nazionale tra gennaio 2013 e aprile 2023. Inoltre: “si è registrato a partire dalla fine del 2014 un drammatico aumento del fenomeno degli incendi di rifiuti stoccati illecitamente in impianti autorizzati o in discariche abusive” con un picco nel triennio 2017/2019. Nel frattempo il legislatore è intervenuto introducendo l’autonoma fattispecie di “Combustione illecita di rifiuti”.
Nel caso di via Chiasserini, a Milano, nel 2018, “Le indagini hanno smascherato un imponente traffico illecito di rifiuti diretti all’estero, con tonnellate di rifiuti indifferenziati stoccati illegalmente e provenienti dalle città di Napoli e Salerno, trasportati in Lombardia grazie a ditte di trasporto e autisti compiacenti”. Tra il 2002 e il 2023 in Lombardia ci sono state 62 inchieste sul ciclo illegale dei rifiuti relative al delitto di “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” (anche la procura di Monza è stata impegnata in alcune indagini) con 403 ordinanze di custodia, 242 aziende coinvolte.
Ma come mai proprio in Lombardia? Il dossier spiega che ha un “ruolo centrale in tema di gestione e smaltimento di rifiuti”, con i suoi “13 termovalorizzatori (a fronte dei 39 presenti in tutta Italia) e 3.300 impianti di gestione e trattamento di rifiuti fissi e mobili”. Logico quindi che sia la “calamita” per i rifiuti prodotti a livello nazionale, ma anche per il crimine organizzato “aprendo di fatto varchi per una infiltrazione nella gestione della filiera che vede spesso una convergenza tra interessi criminali e interessi dell’imprenditoria locale”. Un secondo elemento decisivo sarebbe poi rappresentato: “dalla limitata repressione giudiziaria del fenomeno, criticità determinata da una normativa di settore (anche a livello europeo ed extraeuropeo) che rende pressoché impuniti o comunque lievemente sanzionati i responsabili delle operazioni illecite di smaltimento nonché gli imprenditori che ne richiedono il servizio”.