Lesmo, la Om è fallita: per 34 operai la lettera di licenziamento

L’Om di Lesmo è fallita, la sentenza è stata emessa dal tribunale di Monza sezione del lavoro lo scorso 23 luglio, dal momento che le condizioni per il concordato preventivo, richiesto dai vertici societari, non erano più esistenti. La scomparsa dell’azienda porta via anche gli ultimi soldi per 34 tute blu che da giovedì 30 luglio hanno ricevuto le lettere di licenziamento e sono in mobilità
La Om di Lesmo: l’azienda è entrata in crisi nell’estate  dello scorso anno  e purtroppo non si è più ripresa
La Om di Lesmo: l’azienda è entrata in crisi nell’estate dello scorso anno e purtroppo non si è più ripresa Michele Boni

L’Om di Lesmo è fallita e col suo fallimento rimangono ancora tanti problemi aperti. La sentenza è stata emessa dal tribunale di Monza sezione del lavoro lo scorso 23 luglio, dal momento che le condizioni per il concordato preventivo, richiesto dai vertici societari non erano più esistenti. Infatti per almeno saldare i debiti con i creditori le Officine Meccaniche avrebbero dovuto vendere le loro quote dell’impresa consociata spagnola Caballet da cui avrebbero ricavato circa 3 milioni di euro e il capannone di via Delle Officine dove hanno costruito per più di 50 anni macchinari per la produzione di cavi d’acciaio.

Questa operazione di salvataggio purtroppo non è andata a buon fine e a tal punto il tribunale monzese, che solo a febbraio aveva accettato la procedura di concordato preventivo, due settimane fa ha dichiarato l’attività fallita. Questo passaggio purtroppo è una nota dolente per i lavoratori cassaintegrati. «Con la legge Fornero – ha affermato il delegato Rsu Luca Sala – quando un’impresa fallisce l’erogazione degli ammortizzatori sociali viene interrotta». Infatti la nuova cassa integrazione straordinaria sottoscritta a febbraio sarebbe dovuta durare un anno ovvero fino a febbraio 2016. Purtroppo la scomparsa dell’Om porta via con sé anche gli ultimi soldi per 34 tute blu che da giovedì 30 luglio hanno ricevuto le lettere di licenziamento e sono in mobilità.

Una vera e propria mazzata per gli operai che stanno vivendo questa situazione di incertezza lavorativa dall’estate del 2014, quando l’azienda è entrata in crisi e purtroppo non si è più ripresa. Inizialmente nella prima cassa integrazione erano confluite tutte le maestranze ovvero circa 60 dipendenti, col passare delle settimane questo numero è diminuito poiché qualche cassaintegrato ha trovato una nuova sistemazione lavorativa.

Tra l’altro questi stessi operai sono state vittime e lo sono ancora tuttora della burocrazia italiana. «I compensi degli ammortizzatori del periodo compreso tra luglio 2014 e febbraio 2015, li abbiamo ricevuti a maggio dall’Inps – ha spiegato il rappresentante dei lavoratori – ed ora siamo in attesa della trance degli ultimi cinque mesi sempre da parte dell’ente di previdenza sociale». La situazione è tutt’altro che positiva e questi ritardi li aveva spiegati qualche mese fa anche Antonio Castagnoli della Cgil.

«A fine luglio (dello scorso anno, nda) era stata richiesta la cassa integrazione e il Ministero ha mediamente 6 o 9 mesi di tempo per approvarla – aveva affermato il sindacalista -. Il decreto ministeriale era arrivato il 22 dicembre e l’Inps ha circa 2 o 3 mesi per erogare i pagamenti. Queste tempistiche così lunghe ovviamente penalizzano i lavoratori. Nei prossimi giorni dovrebbe essere evaso il primo ammortizzatore da luglio a febbraio in un’unica soluzione». Ora considerando che l’iter per l’ammortizzatore, interrotto 10 giorni fa, non sarà da meno, i 34 ex dipendenti di Om dovranno armarsi di tanta pazienza.

Nel frattempo il tribunale ha convocato per il prossimo 10 dicembre l’adunanza dei creditori dell’azienda fallita. Da settembre anche i lavoratori lasciati a casa dall’impresa potranno presentare l’istanza di insinuazione al passivo fallimentare per poter chiedere i propri crediti ovvero gli stipendi arretrati, che vantano ancora ad oggi. Intanto il capannone di via Delle Officine resta chiuso e probabilmente lo resterà per sempre mettendo la parola fine a una delle poche aziende lesmesi nate e cresciute sul territorio.