Lea Garofalo moriva il 24 novembre di dieci anni fa. Testimone di giustizia dal 2002, veniva uccisa dal suo ex compagno, il boss ‘ndranghetista Carlo Cosco. Un tentativo di ucciderla è già stato fatto pochi mesi prima, ma la donna era riuscita a sfuggire all’agguato grazie anche alla figlia. Nell’autunno le cose sono andate diversamente: quella sera del 2009 il suo cadavere, da un appartamento di piazza Prealpi, a Milano, veniva trasportato, sigillato, all’interno di uno scatolone, in un capannone dismesso a San Fruttuoso. Il corpo, trasferito in un bidone della benzina, veniva poi dato alle fiamme.
A ricordare la donna, punita per aver cercato di salvare sé stessa e la figlia Denise, sarà ancora una volta “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, che quest’anno ha deciso di farlo con un programma di iniziative lungo un’intera settimana, organizzate in diversi comuni della provincia.
Si inizia lunedì 18 novembre con “Il nuovo protagonismo delle donne contro la mafia” (alle 20.45 alla biblioteca di Lissone) e si prosegue mercoledì 20 novembre con “La mafia non si sceglie, si eredita” (alle 20.45 a Muggiò, negli spazi di palazzo Isimbardi). Giovedì 21 sarà la volta di Nova Milanese, con “Una scelta di speranza.
Cultura e giurisprudenza a servizio dell’infanzia e dell’adolescenza (alle 21 al centro di cultura di Villa Brivio), mentre venerdì 22 si arriva a Cesano Maderno, con la presentazione del libro “La scelta di Lea”, di Marika Demaria. Sabato 23 invece sarà la volta di un doppio appuntamento a Monza, la città dell’omicidio: alle 10.30 alla libreria Virginia e Co. di via Bergamo di nuovo la presentazione del libro di Demaria, con l’accompagnamento canoro di Francesca Prestia, mentre alle 20.45 nell’aula magna dell’istituto Mosè Bianchi (in via della Minerva) è in programma la rappresentazione “La storia di Lea”, da un testo di Antonetta Carrabs.
La settimana commemorativa si concluderà alle 10.30 di domenica 24 al cimitero di San Fruttuoso, davanti al monumento dedicato a Garofalo. «Nelle diverse iniziative organizzate – ha commentato Valerio D’Ippolito, referente di Libera MB (l’associazione contro le mafie presieduta da don Luigi Ciotti, fondata nel 1995 – abbiamo cercato di coinvolgere più possibile donne originarie della Calabria, come lo era Lea, per farle conoscere, per far conoscere le realtà in cui si muovono. Sono le donne, adesso, a rivestire ruoli da protagoniste nella lotta alle mafie. Spesso, come proprio come Lea, lo fanno per salvare i figli».
E oggi? «Quello che lei ci lascia – ha proseguito – è un’eredità di grande coraggio: ha scelto di non girare la testa dall’altra parte. Nemmeno noi dovremmo fare finta di nulla: dovremmo anzi interrogarci su come fare per prevenire il fenomeno. Che nel nostro territorio ci siano mafie ben radicate lo dimostrano le inchieste, ormai periodiche: tra i settori più contaminati l’edilizia e le attività commerciali, oltre all’usura».