L’attrice Belvedere cresciuta a Vimercate: «In Brianza ho capito cos’è il razzismo»

L'attrice Vittoria Belvedere in una lunga intervista al Corriere della Sera ha raccontato il razzismo subito da piccola a Vimercate.
Vittoria Belvedere foto Studio Cau
Vittoria Belvedere foto Studio Cau

«In Brianza da piccola ho capito cosa è il razzismo». Lo ha detto l’attrice Vittoria Belvedere in una lunga intervista al Corriere della Sera, che ha sottolineato la frase nel titolo.

L’attrice Belvedere cresciuta a Vimercate: trasferita dalla Calabria nel 1972

L’attrice, nata a Vibo Valentia, è cresciuta a Vimercate, dove si era trasferita con la famiglia quando ancora non aveva compiuto un anno. Anno 1972. Qui è stata finché adolescente ha cominciato la carriera da fotomodella per poi diciottenne spiccare il volo verso Roma. Ma ha vissuto o no, il razzismo? Leggendo l’intervista è un nì, forse più un sentimento avvertito negli adulti che nei coetanei.

L’attrice Belvedere cresciuta a Vimercate: «Non giocate con lei, è una terrona»

«Avrò avuto 7 o 8 anni e ho subìto vero e proprio razzismo, perché ero meridionale – riporta il Corriere in un dialogo che ripercorre le tappe della carriera e della vita privata – una calabrese emigrata in Brianza. Nel palazzo dove abitavamo c’erano tutte famiglie brianzole e, se in cortile giocavo con gli altri bambini, le loro mamme li portavano via dicendo: non giocate con lei, è una terrona. D’altronde già il mio nome era un marchio di meridionalità, e poi mio fratello si chiamava Santino, mio padre Giuseppe, mia madre Maria…».

L’attrice Belvedere cresciuta a Vimercate: «Ma i bambini che mi facevano i dispetti non agivano per cattiveria, erano i loro nuclei famigliari»

L’attrice racconta di non aver sofferto tanto per questo anche se «certo non sono cose che fanno piacere, a volte mi vergognavo – continua – in fondo non mi sono mai sentita veramente messa in un angolo. Prima di tutto avevo e ho una famiglia molto solida alle spalle che mi proteggeva, dicendo di non dar retta alle malelingue… inoltre avevo comunque un’amichetta con cui giocavo senza problemi. Mi è capitato più volte di sentirmi una terrona calabrese e, col passare degli anni, ho vissuto, come tanti altri ragazzi, episodi di bullismo. Però crescendo, mi sono resa conto che i bambini che mi facevano i dispetti in realtà non agivano per cattiveria… insomma, non era colpa loro, ma dei loro nuclei familiari… E, ripensandoci, mi viene da sorridere. Non mi sono mai permessa di rinnegare le mie origini, anzi, ne vado orgogliosa».