Riposerà a Biassono, nel cimitero cittadino, monsignor Mario Riboldi, per quasi mezzo secolo responsabile della Pastorale dei nomadi per la diocesi di Milano, per tutti solo don Mario, il cappellano di rom e sinti.
Qui venerdì 11 giugno, in mattinata, si sono svolti i suoi funerali nella chiesa di San Martino. In tanti sono arrivati per dargli l’ultimo saluto, tra loro anche i bambini oggi adulti che lui stesso ha battezzato nei campi nomadi, e che oggi erano presenti al funerale del “loro” don Mario con i figli piccoli.
«Ha vissuto il suo ministero accampato nella precarietà e radicato nel Vangelo di Gesù – ha scritto l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, in una lettera letta dal parroco di Biassono, don Ivano Spazzini, all’inizio della celebrazione – Don Mario ha seminato il Vangelo nei cuori di persone e famiglie nomadi perché ha imparato le loro lingue, condiviso la loro vita, ha pronunciato parole di incoraggiamento e inviti a conversione».
Un messaggio è arrivato anche dal Vaticano, dal Dicastero per il servizio e sviluppo umano integrale: «È stato un nomade lui stesso, capace di creare ponti tra la Chiesa e la gente rom e sinti. Una vita, la sua, spesa tutta per l’evangelizzazione dei nomadi».
La cerimonia è stata presieduta da monsignor Luigi Stucchi, vescovo ausiliare di Milano. «Oggi, dove ancora i rom e i sinti sono guardati con pregiudizio, il suo singolare ministero parla più di prima», ha detto durante l’omelia.
A dare l’ultimo saluto a don Mario Riboldi c’erano molti suoi confratelli, il sindaco di Biassono, Luciano Casiraghi, ma soprattutto la sua gente, rom e sinti arrivati da Milano e dalla Brianza per dargli l’ultimo saluto.
I loro messaggi, le frasi di cordoglio e ringraziamento sono stati letti al termine della cerimonia: «È stato speciale con noi», «Sarai sempre un pezzo della storia di tutti noi», «Grazie per averci fatto capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato».
Al coro del cordoglio si è unito anche Marco Troiano, sindaco di Brugherio, la città dove don Mario ha abitato vivendo in una roulotte nel campo dei giostrai.
«I brugheresi si ricordano di lui che ha dedicato la sua vita ai rom e sinti che amava. Lo ricordo con le parole di chi lo ha conosciuto: “La sua bella vita sono un dono e una responsabilità per tutti noi”».