La memoria di San Mauro Abate, patrono dei monaci benedettini olivetani di Seregno, è stata solennizzata dalla presenza dell’abate dell’abbazia di Santa Maria del Pilastrello di Lendinara, in provincia di Rovigo, dom Christopher Zielinski, già abate di “Our Lady of Guadalupe abbey” di Pecos, New Mexico negli Usa. Dom Zielinski è nato a Cleveland nell’Ohio, l’11 aprile 1953, da mamma irlandese e padre polacco-russo, è stato ordinato sacerdote l’8 settembre 1976 ed eletto abate il 2 dicembre 2003 a Pecos. È abate di Lendinara dal 2013.
L’Abbazia di Seregno celebra San Mauro Abate: i presenti
Domenica 15 gennaio, alle 11, ha presieduto la messa solenne delle 11, con lui all’altare l’abate Michelangelo Tiribilli e i monaci Abraham Zarate Zanotelli, Mark Ntrakwah, Augustine Tawia Yeboah, Emanuele Boateng e don Romeo Bruno. Tra le autorità presenti il sindaco Alberto Rossi, l’assessore Laura Capelli, il colonnello del comando provinciale di Monza Gianfilippo Simoniello con l’appuntato Maurizio Schiavone, il tenente colonnello della compagnia dei carabinieri di Seregno, Emanuele Amorosi col maresciallo Nicola Colella, il comandante della Polizia Locale Giovanni Dongiovanni, con il commissario Carmine Milione.
L’Abbazia di Seregno celebra San Mauro Abate: dom Zielinski
All’omelia dom Zielinski ha affermato con una particolare sottolineatura: “Mai senza l’altro! La nostra vita fraterna vissuta nel cenobio ci aiuta e ci insegna come ricevere, ospitare e onorare gli altri come Cristo. Come Mauro mandato da Benedetto a salvare Placido, l’amore per l’altro-Cristo si pratica verso tutte le persone, principalmente verso i meno favoriti e tutti accolti come il Cristo in persona”.
L’Abbazia di Seregno celebra San Mauro Abate: le regole di vita per il monaco
Benedetto, Mauro, Placido: “Mai senza l’altro! una sorta di summa della regola di vita per il monaco, la sua ascesi la sua mistica trova la sua realizzazione nell’accogliere, ospitare e servire Cristo nell’altro, invece, nella mera informazione dell’uguale o delle statistiche che fa dell’altro un numero, lontano e altrove, gli ospiti, gli altri, sono da conoscere, amare e servire. San Benedetto con suoi Mauro e Placido ci insegna, ancora oggi, che la misura del grado di civiltà di una società si basa sulla capacità di essere ospitale, sulla base della sua gentilezza. Il monastero, il cenobio, diventa così una vita fraterna, un luogo che ha al suo centro motore, al cuore, una promessa di riconciliazione. (…) L’amicizia per l’ospite sia ormai la nostra unica amicizia, da qui la bellezza del vivere in Cristo. “Ecce quom bonum e jucundum habitare frater in unicum”.
Aveva iniziato l’omelia col dire che “con Mauro bisogno ricordare anche Placido perché entrambi son legati a san Benedetto di cui si hanno notizie sicure dal suo biografo, Papa Gregorio Magno, che nei suoi Dialoghi descrive con ricchezza di particolari la vita del santo fondatore del monachesimo occidentale, proclamato patrono d’Europa da un altro Papa, il lombardo Paolo VI nel 1964. Leggendo i Dialoghi si apprende che Mauro e Placido vengono offerti a san Benedetto dalle loro nobili famiglie, originarie di Roma, perché il santo di Norcia si occupasse della loro formazione. Papa Gregorio scrive: “Mauro, essendo, già adolescente e dotato di sante abitudini, divenne subito l’aiutante del maestro. Placido, invece, era ancora bambino, con tutte le caratteristiche proprie di quell’età”.
L’Abbazia di Seregno celebra San Mauro Abate: la vita di San Benedetto
Entrambi i discepoli sono presenti in vari momenti della vita di san Benedetto. Ha ricordato l’episodio prodigioso in cui Mauro cammina sulle acque e che san Gregorio descrive nel punto saliente : “Il piccolo Placido uscì ad attingere l’acqua nel lago. Sbadatamente cadde e l’onda lo travolse. San Benedetto benchè fosse dentro la cella si accorse del fatto. Chiamò subito Mauro, corri, fratello, corri, perché Placido è cascato nel lago e le onde già se lo stanno trascinando via. Chiesta e ricevuta benedizione, Mauro si precipitò ad eseguire il comando e convinto di camminare ancora sulla terra, corse sulle acque fino là dove si trovava il fanciullo e lo acciuffò per capelli e ritornò indietro. Appena toccata terra capì di aver camminato sull’acqua”.
“Un perenne insegnamento – ha proseguito l’abate Zielinski – per i monaci e non solo per loro, l’umiltà e non la superbia deve essere l’orizzonte con il quale dobbiamo sempre operare in tutti i nostri atti”.