Un forno che cuoce a pieno ritmo, una manciata di detenuti in cerca di riscatto e una 28enne di Villasanta con un obiettivo chiaro fin da quando era ragazzina: lavorare in un carcere. È nato così il progetto In-Opera, un laboratorio di panetteria e prodotti da forno all’interno della casa circondariale di Opera.
Elisa Mapelli, laureata in Lettere, è il volto femminile e giovane di una cooperativa che garantisce nove stipendi, sette dei quali a detenuti. Tutto gira intorno alla cosa più buona e semplice che c’è: il pane. I fornai, formati dal maestro di fama nazionale Ezio Marinato, ne sfornano 800-1000 chili alla settimana, dai francesini al pane integrale, al pane arabo.
«Tra i nostri cavalli di battaglia c’è il Pan Tramvai – dice Elisa Mapelli – quello con le uvette. Noi abbiamo scovato la ricetta antica e abbiamo iniziato a produrlo».
È proprio sulla ricercatezza che punta la cooperativa, nella consapevolezza che competere con i colossi nell’ambito della produzione industriale sarebbe impossibile. Meglio un articolo di alta qualità, sia per la materia prima che arriva da mulini di Pordenone e Ravenna, sia per la lavorazione.
«Abbiamo scelto la lievitazione naturale – continua – procedimenti lunghi e accurati che escludono completamente prodotti chimici. Il nostro pane è buono».
L’immagine promozionale, alla quale la cooperativa non è ancora in grado di dedicare troppe risorse, punta su una bontà che è anche etica: i carcerati imparano un mestiere (il progetto ne ha già formati 15), guadagnano uno stipendio e prendono a cuore la causa.
«Anche quelli che ci lasciano quando terminano il periodo di detenzione ci telefonano una volta al mese per sapere come vanno le cose – racconta Pierangelo Mapelli, padre di Elisa, presidente della coop ed ex consigliere comunale – con alcuni si sono instaurati veri rapporti di amicizia».
A monte però c’è tutta la serietà di un rapporto di lavoro. All’inizio, raccontano i Mapelli, non è stato facile far capire a lavoratori e direzione del carcere che In-Opera è un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti e deve essere in grado di stare in piedi. I detenuti però sono stati coinvolti in modo diretto, investiti di responsabilità e ruoli precisi, e il forno è diventato anche un po’ loro. Il loro pane, i dolci, i grissini finiscono nei ristoranti di Milano (come il Bianchi Caffè), nelle Rsa del capoluogo, nelle scuole, ai ricevimenti, alle sagre, in piccoli punti vendita temporanei all’interno degli ospedali di Monza e Vimercate dove c’è un cliente, medico, che scrive ai fornai lettere piene di complimenti.
Ora però è arrivato il momento di spiccare il volo, di andare oltre. L’obiettivo per il nuovo anno è un nuovo negozio esterno che porterebbe nuovi circuiti di vendita consacrando al successo il mix perfetto: qualità, business, promozione sociale.