Ad Arcore, luogo carico di simboli e fantasmi della Seconda Repubblica, il gruppo di attivisti Lgbtqia+ ha deciso di trasformare il Brianza Pride in una “Via Frocis”, parodia arcobaleno della Via Crucis cristiano – cattolica. Il risultato? Prevedibilissimo. Fare cagnara. Una pioggia di reazioni indignate, prese di posizioni e pure qualche insulto. E un centrodestra che, diviso su tutto, si ritrova a far quadrato attorno alla sacrestia.
Ma la sensazione è che la “Via Frocis” più che all’integrazione mirasse proprio a questo e invece di combattere per diritti concreti, puntasse a pungolare i “soliti reazionari”, quelli ribattezzati “fascisti” se osano alzare un dito e dire: non sono d’accordo.
Perché il vero scopo non è l’inclusione, ma lo scandalo. Il gesto, a differenza di quella t-shirt “Frocia Italia” che non faceva male a nessuno e che probabilmente avrebbe fatto ridere persino il diretto interessato (Berlusconi) non emancipa, non sposta una virgola nel dibattito e non costruisce nulla. Serve solo a chi lo compie per sentirsi “coraggioso”, “ribelle” e “contro il sistema”. Peccato che questa sia diventata ormai la nuova norma e non la trasgressione. La “Via Frocis” – che tocca una sensibilità un po’ più alta di quella politica – puzza di infantilismo. E soprattutto divide. Perché nemmeno dentro il mondo Lgbtqia+ tutti si riconoscono in questa immagine. L’ultima trovata diventa marketing identitario e niente più. Ma c’è poco da ridere. Perché ogni volta che una battaglia sacrosanta viene ridotta a goliardia, perde credibilità. E il rispetto, quello vero, si allontana. Altro che passo avanti: la “Via Frocis” è un vicolo cieco…