La Grande muraglia verde, il progetto per fermare il deserto in Africa

In Africa c’è un progetto che guarda al futuro con speranza: un muro di alberi per fermare il deserto. Collabora anche Reach Italia, una OnG che dal 2002 lavora da sola nel recupero dei territori fortemente desertificati a nord del Burkina Faso.
Africa Sahara - foto vwalakte/it.freepik.com
Africa Sahara – foto vwalakte/it.freepik.com

Nel dibattito italiano ed europeo il tema del continente africano è sempre più d’attualità, ma con accezioni esclusivamente negative: si parla sempre di qualche piccolo dittatore, di rapimenti, della crescita del fondamentalismo islamico, dell’immigrazione, delle guerre, della povertà, della malnutrizione dei bambini. Un continente ricco, ricchissimo di materie prima che viene sistematicamente conteso nella logica del profitto da Stati Uniti, Europa, e negli ultimi decenni anche da Cina e Russia. In questo quadro di sfruttamento del territorio e della sua popolazione esiste però un progetto che vuole ridare dignità non solo a quelle terre, ma portare un beneficio all’ambiente in generale e sì, anche all’Europa. È un progetto che guarda al futuro con speranza: un muro di alberi per fermare il deserto.

Si tratta della grande muraglia verde di 10.000 km di estensione che, dall’oceano Indiano a quello Atlantico, dovrebbe tagliare in due il continente in modo da fermare l’avanzata del deserto del Sahara nel sud del Sahel. Un progetto iniziato nel 2007 dall’Unione Africana.

Questa idea di fermare il deserto (mentre, ricordiamo, la foresta amazzonica in America del sud continua a ritirarsi) porterebbe a un miglioramento della vita dei locali: non solo un’atmosfera più pulita, ma un vero ritorno alla vita: il verde porta lavoro ossia agricoltura e pastorizia laddove prima vi era desertificazione; questo porta inevitabilmente a minori migrazioni interne, alla fine di conflitti locali dovuti allo spostamento di popolazioni e tribù, a meno terrorismo. Purtroppo, il progetto procede lentamente e con difficoltà, spesso con mezzi non appropriati. Poco conosciuto, ma integrato nel progetto del muro verde, è il lavoro di una OnG italiana che dal 2002 lavora da sola nel recupero dei territori fortemente desertificati a nord del Burkina Faso.

L’organizzazione si chiama Reach Italia che, con un metodo specifico e molto pratico di origine del tutto italiana a opera dell’ingegner Vallerani, ha recuperato moltissimi ettari di territorio desertificato. Il loro metodo funziona, è veloce e porta reali benefici. In questi anni, oltre ad avere dato moltissimo lavoro alle popolazioni autoctone, ha contribuito al non fare spostare interi villaggi a causa della siccità. Un progetto esclusivamente italiano che funziona e che in pochissimi conoscono.

L’associazione è attiva in Africa da diversi anni e la sua peculiarità è quella di promuovere progetti di co-sviluppo in modo organico, era il 1988 quando in 3 diedero inizio alla promozione del sostegno a distanza per poi passare alla scuola di meccanica e promuovere l’alfabetizzazione dei paesi in cui erano presenti. Grazie al recupero delle terre fortemente desertificate la Reach Italia ha ridato migliaia di ettari alle popolazioni che vivono a sud del deserto e dal Burkina Faso verso il Niger si continua a lavorare.

È bene sottolineare che mentre molti soldi dati in beneficenza sono sprecati senza nessun tipo di controllo come conferma Salwa Bahbah, ricercatore che ha partecipato alla stesura del report «Non abbiamo idea di dove vada a finire il denaro, e come venga usato» altri lavorano per costruire il futuro. Il male del nostro paese passa anche da questo guardare sempre oltre il confine non capendo la forza di persone che invece, in silenzio compiono grandi passi. Passi utili a tutti, perché il grande Continente africano non è una terra da sfruttare, ma una terra decisiva che può disegnare il futuro dell’Europa e del resto del mondo.

Stefania Bonfiglio