È una storia di dolore. Ma anche di pace, ricostruita attraverso incontri e confronti con chi quel dolore lo avevano procurato. È la storia di Agnese, figlia di Aldo Moro, rapito e ucciso dopo 55 giorni di prigionia dalle Brigate Rosse. È la storia di don Piero Masolo, discendente dei Masolo antichi proprietari novesi, e nipoti di Carlo Seronio, rapito e ucciso da Fronte Armato Rivoluzionario Operaio, un gruppo che era fuoriuscito da Potere Operaio, tra cui un amico di Saronio, Carlo Fioroni. Un incontro testimonianza ospitato nella Chiesa di Sant’Antonino, venerdì sera, all’indomani del 45esimo anniversario della strage di via Fani.
Agnese Moro a Nova: “Per 31 anni non ci hanno mai chiesto come stavamo”
«Per 31 anni – ha raccontato Agnese Moro – non ci hanno mai chiesto come stavamo. Il nostro era un silenzio voluto: come fai a raccontare l’orrore che hai vissuto. Hai paura che quell’orrore possa entrare nelle vite delle altre persone. È un silenzio che urla dopo che nella tua vita è entrato il sangue, il sangue della morte di tuo padre». «Per anni non ho saputo cosa fosse successo alla zio Carlo– ha sottolineato don Piero Masolo – poi ho voluto conoscere, andare a fondo fino a voler incontrare Carlo Fioroni. Ho toccato il dolore. E cosa mi sono portato a casa? Ho capito che gli amici bisogna saperli scegliere. Per essere fedeli a se stessi bisogna cambiare spesso».
Agnese Moro a Nova: “Ero sicura che Gesù fosse con mio padre nella sua prigione”
Una volta toccato quel dolore, solo allora si può pensarne di uscirne fuori. È un dolore che non si può consolare, ma si può condividere. Dal dolore alla “pacificazione” tenendo ben salda la fede, la presenza di Cristo. “Per noi Gesù era di casa – ha proseguito Agnese Moro – ero sicura che nella sua prigione mio padre non fosse solo, ma Gesù era con lui”. “La fede e la Giustizia riparativa. Un cammino pe il quale ci vuole tempo. Come i terreni del nonno di don Piero, acquistati da Mussolini per creare anche gas, ora producono anche qualcosa di buono «Il cerchio del male si può interrompere” ha concluso don Piero. Un incontro molto partecipato che ha toccato i tanti novesi, ma non solo, presenti. Una riflessione particolare sull’essere pacificatori che si inserisce nel cammino dei venerdì di Quaresima.