Imbianchino “infedele” condannato a Monza dopo aver saccheggiato la casa che stava tinteggiando. L’uomo, 45 anni originario di Saronno, è stato condannato alla pena di due anni e sei mesi di reclusione per furto aggravato dal giudice del tribunale di Monza, Letizia Brambilla. Anche la Procura, rappresentata in aula dal vice Procuratore Onorario, Luigi Pisoni, aveva richiesto la condanna dell’imputato (tre anni di reclusione). Il giudice ha leggermente abbassato la richiesta di condanna formulata dalla Pubblica Accusa, rigettando la richiesta della difesa di derubricare il fatto a un furto semplice e non aggravato.
Ma andiamo con ordine. I fatti risalgono al 2014. L’uomo si trovava all’interno dell’abitazione di un cittadino di Concorezzo, in provincia di Monza Brianza. La vittima ha riferito in aula quanto gli era accaduto: «Doveva occuparsi – dice il proprietario di casa della tinteggiatura totale. Una stanza era stata tinteggiata in modo penoso e peraltro non aveva neppure concluso».
Erano in due. Insieme a lui c’era una seconda persona che però non risulta imputata in questo procedimento. Uno dei due si occupava della parte più commerciale, l’altro, invece, era l’autore materiale della tinteggiatura. Fatto sta che dopo tre giorni di lavori i due scompaiono: «Nei giorni successivi – ha spiegato la parte offesa – ci siamo accorti che mancavano delle cose, oggetti preziosi di grande valore economico, ma anche affettivo».
In particolare un anello tempestato di diamanti. Un’opera di gran pregio del valore di almeno 7.000 euro. «Mancano anche le fedi di mio padre – ha chiarito la parte offesa – e quelle dei miei zii».
L’imputato, secondo la ricostruzione del tribunale di Monza, si era rivolto a un negozio specializzato nell’acquisto dell’oro. Aveva venduto i monili rubati e poi il negozio li aveva girati per la fusione del materiale. In un lampo i preziosi erano svaniti nel nulla, tanto che anche dopo lo smascheramento del responsabile non c’è nessuna possibilità di recuperarli. I pezzi, infatti, erano stati già fusi come ha confermato in aula il commerciante al quale erano stati venduti. Una brutta vicenda che si è conclusa con la condanna del responsabile. Una piccola soddisfazione per chi ha perso degli oggetti di grande valore emotivo, oltre che di valenza economica non indifferente.
«Il quadro accusatorio – ha concluso la Procura – è chiaro. Chiedo tre anni di reclusione». Una linea, quella dell’accusa, che è stata accolta quasi pienamente dal giudice.