«Stiamo parlando di una delle aree più contaminate non solo della Lombardia, ma dell’intera penisola»: occhi puntati sul bacino del Lambro e sull’alta presenza di pesticidi nelle sue acque. A commentare i dati dell’edizione 2018 del rapporto che presenta i risultati del monitoraggio nazionale dei pesticidi nelle acque superficiali e sotterranee l’ingegnere Pietro Paris, responsabile della sezione Sostanze Pericolose dell’Ispra – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
«Delle 25 stazioni che hanno monitorato le acque superficiali del Lambro – ha spiegato – ben 17 mostrano un superamento dei limiti di contaminazioni». In tutte è sempre presente l’ampa, ovvero l’acido aminometilfosfonico, metabolita del glifosato, e il glifosato stesso: «Stiamo parlando di un erbicida totale – ha spiegato Paris – e, in parole povere, di un suo derivato: si tratta di sostanze che entrano in contatto diretto con il suolo perché vengono spruzzate quando piove di più, cioè in primavera, e questo favorisce la loro permeabilità nel terreno». Altre otto delle 25 stazioni presentano valori entro i limiti di legge: non basta questo, però, a rasserenare la situazione.
«In questi casi, infatti – ha aggiunto – ad avere effetti imprevedibili sono le miscele che creano le stesse sostanze, aggregandosi tra loro. In alcune stazioni ne sono state rilevate più di cinquanta». La situazione fotografata nel bacino del Lambro, se da un lato decisamente preoccupa, dall’altro sta però ad indicare la puntualità nei monitoraggi e l’applicazione di innovativi metodi analitici: un’attenzione che non tutte le regioni, soprattutto nel sud Italia, possono vantare. Il discorso migliora lievemente se si vanno a considerare, nello stesso bacino, le acque sotterranee: in questo caso le stazioni che superano gli Standard di qualità ambientale (Sqa) sono nove. Tra le sostanze ritrovate l’atrazina, un altro erbicida, vietato in Italia dal 1992.
«Con livelli di contaminazione così alti – ha commentato l’ingegnere tecnologo – pensare di agire a valle è impossibile. Per risolvere il problema è necessario iniziare a lavorare a monte e, quindi, vietare o restringere l’utilizzo di molte di queste sostanze con cui, indirettamente, l’uomo viene in contatto. Non dimentichiamo, infatti, che pesticidi ed erbicidi sono stati progettati a tavolino per svolgere una funzione che davvero potremmo definire omicida. Sono sostanze pericolose e, nei loro confronti, è fondamentale mettere in campo un principio di precauzione. Per questo – ha concluso – è importante che le regioni promuovano pratiche agricole biologiche e tecniche di difesa fitosanitaria integrata, ovvero a basso impatto ambientale».