Altri guai per Paolo De Luca, il “boss invisibile”, come è stato ribattezzato il 46enne brianzolo considerato soggetto di spicco della locale di ‘ndrangheta di Seregno, arrestato a novembre 2016 con accuse di possesso di armi da guerra e associazione a delinquere di stampo mafioso. La magistratura ha emesso nei suoi confronti una nuova ordinanza di custodia cautelare in relazione alla presunta detenzione di due chili di cocaina.
L’uomo si trova già in carcere, comunque, in relazione alla precedente misura, eseguita nei suoi confronti dai carabinieri del Gruppo di Monza a seguito del ritrovamento dell’arsenale (un fucile d’assalto di fabbricazione serba, due fucili da caccia, due pistole semiautomatiche Browning e Sig Sauer, una pistola mitragliatrice, una bomba carta e varie munizioni) nell’appartamento di Seregno abitato da Alessandro C., 34 anni, e dalla madre C.E., 70enne originaria della provincia di Catanzaro. Le contestazioni relative alla droga si riferiscono ad alcuni colloqui intercettati dagli investigatori, dai quali sarebbe emerso che l’uomo aveva nascosti due chili di coca in casa, sfuggiti alle perquisizioni delle forze dell’ordine.
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Un’altra accusa, dunque, all’uomo che il gip milanese Maria Cristina Mannocci indica come chiaramente “appartenente alla consorteria mafiosa a cui appartiene Antonio Stagno”, ossia la locale di ‘ndrangheta di Seregno. Emblematiche in questo senso, secondo il gip, le affermazioni dello stesso De Luca, intercettate dagli investigatori dei carabinieri. «Tutti nella stessa barca siamo, la mia bandiera è sempre una» dice l’uomo (che ha come attività la gestione della sicurezza in alcuni locali notturni della Brianza) al giovane figlio di Antonio Stagno, 48enne nato a Giussano già condannato a 12 anni per reati di mafia dal gip milanese. De Luca viene dunque considerato soggetto organico al gruppo degli Stagno (in conflitto con i Cristello, riferibili all’area giussanese), oltre che uomo “a disposizione” della potente famiglia dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia). Di lui ne parlava il pentito Antonino Belnone, già capocosca a Giussano e condannato a 16 anni.
I racconti del collaboratore trovano riscontro, secondo il magistrato, in un dialogo in particolare, avvenuto il 18 febbraio 2016 nell’abitazione di De Luca, nella parte in cui si affronta l’argomento del “riacutizzarsi dei contrasti tra le famiglie mafiose dei Cristello e degli Stagno, presenti nei comuni di Giussano e Seregno”, riportano gli atti. L’interlocutore di De Luca, in quel caso, gli riconosce “il ruolo di vertice all’interno del proprio gruppo criminale, pronto ad essere armato”. Il discorso rivolto a De Luca è chiaro: «Tu ce li hai i soldati che puoi armarli, tu ce le hai». De Luca predica un po’ di prudenza: «Piano piano, quando hanno…soldi vengono e poi le compriamo…”.
De Luca e l’uomo che conversa con lui sono consapevoli che i rapporti con i Cristello si stanno incrinando, e non nascondono l’interessamento delle famiglie per l’intervento di “uomini” dalla Calabria: «Ce lo dico a Mimmo, ti fa venire qua un esercito».