Niente forzature al di fuori delle regole, ma la consapevolezza che serva un cambio di passo da parte delle istituzioni rimane inalterata. All’indomani della manifestazione di Roma, che si è guadagnata la ribalta delle cronache per i disordini che l’hanno caratterizzata, Salvatore Bongiovanni, titolare dello Shaker Club Cafè di via Medici a Seregno, inquadra così la posizione del Movimento Imprese Ospitalità, di cui è delegato regionale, sul momento che baristi e ristoratori vivono.
«L’annuncio di una riapertura secondo gli orari tradizionali da mercoledì 7 aprile – spiega – era una provocazione, figlia del fatto che, un po’ dappertutto, constatiamo come vi sia chi si attiene alle prescrizioni, pagandone le conseguenze in termini di mancati incassi, e chi invece continui a fare il furbo, avvantaggiandosi rispetto ai colleghi. Il tutto senza che, purtroppo, vi siano controlli adeguati. Noi abbiamo deciso di portare ancora pazienza, come abbiamo fatto fin qui, sperando che a breve vi possa essere quella svolta che tutti auspichiamo». L’attenzione si è poi spostata su quanto accaduto a Roma: «Come delegato regionale del Mio e come portavoce del movimento Seregno bar e ristoranti uniti, esprimo una ferma condanna e prendo le distanze da quella ventina di ristoratori che, in una piazza con 10mila persone, in rappresentanza di svariate sigle, ha cercato lo scontro con le forze dell’ordine. C’è purtroppo in quanto è accaduto molta disperazione per la situazione del nostro settore e per i nostri dipendenti, che tra pochi mesi, se il trend non muterà, potrebbero ritrovarsi come noi senza un lavoro. Ma siamo e restiamo ristoratori che protestano e cercano il dialogo ai tavoli istituzionali e non scontri in piazza e che non vogliono essere strumentalizzati da alcuna parte politica. Chi ci vuole sostenere tra i politici, lo faccia in parlamento e non presentandosi ad appuntamenti per una mera questione di vetrina».
L’assunto apre all’affondo conclusivo: «Occorre quel cambio di passo che abbiamo già invocato. Non basta ripartire con gli orari di prima, ma c’è bisogno di misure che ci aiutino a fare fronte ai debiti accumulati in questi ormai tredici mesi. Da soli, per pagarli impiegheremmo quattro o cinque anni. Chiediamo ristori in forma seria e non più erogati soltanto per scongiurare sollevazioni o proteste, nonché provvedimenti anche strutturali, come il blocco triennale delle licenze, per evitare che, come troppo spesso avviene in momenti di crisi come l’attuale, il pesce piccolo finisca con l’essere divorato dal pesce grosso».