Visita medica di primo livello, tampone anti-Covid e vaccini ai cittadini ucraini arrivati in città. Sono i servizi aggiuntivi offerti dall’ospedale Borella, selezionato insieme con il San Gerardo di Monza, come centro di vaccinazione per gli ucraini che scappano della guerra e approdano nella provincia di Monza e Brianza.
“L’attività di screening e le vaccinazioni presso la struttura ospedaliera giussanese diventata anche Casa di comunità sono state avviate da alcuni giorni. I cittadini ucraini che hanno segnalato la propria presenza al Comune vengono contattati direttamente da Ats, per concordare un appuntamento presso l’ambulatorio”, ha dichiarato il primo cittadino Marco Citterio, invitando chi ancora non l’avesse fatto a provvedere alla registrazione, necessaria anche per ottenere il permesso di soggiorno.
“Tra gli ucraini arrivati in città, circa la metà sono minori di età compresa tra 0 e 17 anni – ha aggiunto -. L’indicazione del ministero dell’Istruzione è di inserirli all’interno delle scuole, e di questo se ne stanno occupando i dirigenti scolastici dei plessi. Tuttavia, al momento sono pervenute poche richieste di iscrizione a scuola. Numero che sicuramente andrà a crescere nei prossimi giorni. Uno scoglio importante da superare è sicuramente quello della lingua. Le scuole si sono attivate per trovare dei mediatori linguistici e del personale competente e preparato per parlare i bambini ucraini”.
Proprio per i più piccoli, l’amministrazione comunale, in collaborazione con gli uffici tecnici, sta mettendo in campo delle attività per favorire la loro integrazione nel tessuto sociale.
“Per i minori in età scolare, come Comune, siamo al lavoro per organizzare dei corsi dopo scuola con momenti di svago tra connazionali, cosicché possano ritrovare condizioni a loro familiari, parlare la loro lingua e imparare le basi dell’italiano. Al momento siamo alla ricerca di un location in città, con spazi al chiuso e all’aperto, per capire come impostare nel dettaglio questi laboratori”, ha spiegato Citterio, per poi sottolineare: “In generale, la cosa che ci preoccupa è che non abbiamo idea di quanto possa durare questa crisi. Queste persone hanno bisogno di aiuto e supporto perché sono dei veri rifugiati di guerra: stanno scappando da un conflitto evidente alle porte dell’Europa occidentale. Per questo, con le associazioni del territorio stiamo pensando anche a come gestire la loro permanenza in città”.