Della tragedia umanitaria che sta vivendo da oltre venti giorni l’Ucraina a seguito dell’invasione e della guerra creata dalla Russia, il Cittadino ha parlato con la seregnese Giovanna Parravicini, 66 anni, approfittando della sua temporanea presenza in Italia e a Seregno, in quanto impossibilitata a rientrare per mancanza di voli diretti a Mosca, dove è attesa dalla sua attività. Da trenta anni vive a Mosca dove occupa una posizione di rilievo e prestigio. Laureata in lettere moderne all’università Statale di Milano nel 1978, con una tesi in letteratura italiana, è ricercatrice della fondazione Russia Cristiana fondata nel 1957 da padre Romano Scalfi con sede a Seriate, e direttore dell’edizione russa della rivista “La Nuova Europa”.
Per la “Casa di Matriona”, editrice della fondazione, ha curato numerose pubblicazioni sulla storia della Chiesa in Russia nel XX secolo e la storia dell’arte bizantina e russa. Collabora in ambito culturale con la Nunziatura Apostolica di Mosca e lavora al Centro culturale biblioteca dello Spirito di Mosca. Nel 2009 è stata nominata Consultore del Pontificio Consiglio per la cultura in Vaticano. Attualmente è anche consigliere dell’Ordine di Malta.
Con lei una riflessione incentrata maggiormente sul pensiero espresso dalle massime autorità religiose russe che hanno esaltato l’invasione in Ucraina.
“È rimbalzata sui mass media di tutto il mondo l’omelia del patriarca Kirill – ha esordito Giovanna Parravicini – che il 6 marzo, la domenica del perdono che precede l’inizio della Quaresima per gli ortodossi, ha caldamente sostenuto l’”operazione militare speciale” in atto in Ucraina (parlare di guerra, attacco, invasione, in Russia oggi è un reato punibile fino a 15 anni di reclusione), il “valore metafisico” di un’azione che prende sarebbe volta a sconfiggere la corruzione dell’Occidente. Una triste notizia, che conferma probabilmente la ricattabilità della gerarchia ortodossa russa, ma che soprattutto lascia soli e sconcertati i suoi fedeli di fronte alla catastrofe umanitaria di una guerra fratricida. Le pressioni delle autorità governative russe nei confronti delle varie religioni affinché si esprimano a favore della guerra non sono tuttavia l’ultima parola: abbiamo, anche in campo religioso, varie testimonianze di amore per la verità e solidarietà”.
Tra le più significative “il messaggio che il metropolita Onufrij, primate della Chiesa ortodossa ucraina (nella giurisdizione del Patriarcato di Mosca) ha lanciato all’indomani dell’invasione, il 24 febbraio “Difendendo fino all’ultimo la sovranità e l’integrità dell’Ucraina, ci appelliamo al presidente della Russia perché cessi immediatamente questa guerra fratricida. Il popolo ucraino e il popolo russo sono usciti dal fonte battesimale del Dnepr, e una guerra fra questi popoli significa riprodurre il peccato di Caino, che per invidia ha ucciso suo fratello. Questa guerra non ha giustificazioni né presso Dio, né presso gli uomini”.
Quindi ha proseguito dicendo: “In Russia alcuni sacerdoti ortodossi si sono fatti promotori di un appello che ha finora raccolto 286 firme – e sappiamo bene quanto costi oggi esporsi con il proprio nome e cognome, visti i circa 15 mila fermi di polizia nel Paese, a motivo di proteste e dimostrazioni contro la guerra. Lo scritto esorta a por fine a una violenza che va contro i fondamenti stessi della fede cristiana, in cui si legge, tra l’altro: “affermiamo che la vita di ogni singola persona è un dono inestimabile e irripetibile di Dio, e perciò desideriamo che tutti i combattenti – russi e ucraini – tornino sani e salvi alle loro case e allo loro famiglie. Pensiamo con amarezza al baratro che i nostri figli e nipoti dovranno superare, in Russia e Ucraina, per tornare a guardarsi come amici, per tornare a stimarsi e a volersi bene. Abbiamo immenso rispetto per il dono divino della libertà umana, e riteniamo che il popolo ucraino debba poter fare la sua scelta in modo autonomo, e non stando nel mirino delle mitragliatrici, senza subire pressioni dall’Ovest né dall’Est”.
Ha proiettato il suo sguardo al futuro, a quel che sarà del dopoguerra. “Il grande lavoro che attende questi paesi, questi popoli – ha affermato Parravicini – non appena, come speriamo, la fase più virulenta del conflitto sarà superata, è appunto la ricerca di una riconciliazione, il miracolo dell’attuarsi di parole come perdono, misericordia, che sembrano oggi bandite per sempre dal vocabolario. La richiesta di perdono che vediamo moltiplicarsi sui social in Russia, che in questi giorni si sono trasformati in un nuovo samizdat (autoeditoria clandestina), nell’espressione della verità alternativa al pensiero unico dell’ideologia e alla menzogna della propaganda, è un tentativo di lanciare un messaggio fondamentale: il popolo russo non è equiparabile al suo regime, siamo tutti prigionieri della stessa violenza, e perdonateci se non siamo in grado di fermare il tiranno, aiutiamoci a vivere una vita più umana”.
Infine ha fatto riferimento ad uno scritto del sacerdote ortodosso Sergej Kruglov: “Ogni situazione di sventura dà alla Chiesa una nuova spinta, le ricorda che ciò che ha rivelato, fatto, detto il Figlio di Dio incarnato, crocifisso e risorto è una verità attuale, viva, l’unica che può guidare ad agire i cristiani in questa vita, che la guerra inizia sul terreno della superbia nel cuore dell’uomo, che il primo passo per eliminare la guerra è un passo di pentimento, di metanoia personale e di conversione a Cristo Salvatore, di maturazione nel proprio cristianesimo. E, naturalmente, è importante la preghiera, instancabile e ostinata nonostante ogni tentazione di scoraggiamento; sono importanti le opere di misericordia, il perdono, la carità, il conforto, l’aiuto – ogni forma possibile di aiuto a chi sta peggio di te”.