C’è chi propone la propria casa anche sfruttando l’onda degli eventi, come Marco: “Monza, downtown, Expo 2015”. Perché in tanti sono venuti e vengono per l’esposizione di Rho e allora perché non dire immediatamente che non è lontano da lì, il suo appartamento, attraverso il sito di “home sharing” a cui si è iscritto? Chissà se lo sa che ora per affittare quell’appartamento dovrà registrare gli ospiti, mandare i nomi alla questura e ritirare la tassa di soggiorno da versare al Comune, dal momento che quella tassa c’è. Proprio come gli alberghi.
È una delle novità per il settore turismo introdotte dalla Regione Lombardia con la legge approvata a settembre. Per regolamentare un’area grigia e certo per togliere qualche fastidio dal piatto degli albergatori, che vedono i progetti di home sharing (condivisione delle case) in continuo aumento attraverso internet. Il più celebre, e internazionale, è Airbnb: è nato per mettere a disposizione spazi della propria casa e appartamenti interi a chiunque. Ci si iscrive, si sceglie l’appartamento e si paga, si va. Poi si può essere votati dal proprietario di casa e si può votare il proprietario di casa: referenze social, per così dire. Nel tempo il raggio si è allargato e dentro Airbnb si trovano anche i più classici bed and breakfast o addirittura stanze d’albergo, ben al di là delle intenzioni originarie.
Il Pirellone ha deciso così di intervenire, per cercare di differenziare tra chi occasionalmente mette a disposizione la casa e invece chi ne ha fatto una professione che non rientra sotto le regole degli alberghi. «L’obiettivo della legge è porre fine a una zona grigia», ha detto l’assessore regionale al Commercio e turismo, Mauro Parolini. Inoltre, chi offre in affitto la propria casa su portali di home sharing, non potrà farlo in modo continuativo, ma solo occasionale, «per distinguere tra chi è un affittuario saltuario, e chi invece di questa attività fa una realtà imprenditoriale, da 365 giorni l’anno». E allora la registrazione degli ospiti, la segnalazione dei nomi alla questura e la riscossione della tassa di soggiorno dove c’è, da versare al Comune: a Monza, appunto, c’è.
In città sono 145 le case in affitto registrate sul portale più noto, Airbnb: la più cara costa 406 euro al giorno e in realtà è una suite di un hotel, mentre poco meno (400 a notte) costava qualche settimana fa l’appartamento di 110 metri quadri di una monzese (che lavora per «l’azienda di famiglia che vende titanio») che probabilmente non ama il Gran premio e così ha lasciato Monza nella settimana della Formula uno, offrendo la casa agli appassionati. Oppure c’è la King’s penthouse (così chiamata dal proprietario) che si affaccia sul parco: ne costa 300 al giorno per due o tre persone e ha un superattico con piscina all’aperto che il titolare offre anche per “eventi,spot pubblicitari o set fotografici”, casi in cui “l’affitto giornaliero viene concordato”. La media dei quasi 150 appartamenti in affitto è di 76 euro, a Monza e dintorni: il più economico è un divano letto in un monolocale di un “monzese” coreano, che lavora in Italia per un compagnia petrolifera. E che molto schiettamente dice: «Dal momento che vivo solo, lo spazio della casa è molto piccolo. Ho un salotto, una cucina, un bagno e un piccolo giardino. C’è un grande divano che può diventare letto. Potete dormire in questo divano letto». Costa solo 10 euro a notte: un vero affare.