Non c’è colore che tenga, divieto da rispettare o norma sanitaria a cui attenersi. Per chi frequenta l’area verde di via Gramsci a Monza zona rossa vuol dire zona franca.
Lì ci si continua a comportare come si è sempre fatto: si bivacca, si beve, si spaccia. Alla luce del sole, sotto gli occhi dei passanti. Che saranno anche in numero minore, viste le restrizioni in vigore in queste settimane, ma che comunque non possono non lamentarsi per le condizioni dell’isolato a ridosso del centro storico. Chi lavora e abita nei dintorni non può fare a meno di notare gli assembramenti.
«Nel weekend si contano anche una trentina di persone – raccontano – e, per quanto si chiamino le forze dell’ordine, gli agenti tardano ad arrivare. Eppure, con le loro postazioni fisse, si trovano a poche centinaia di metri di distanza: basti pensare ai presidi di via Italia o a quelli nei giardini della stazione di via Arosio».
Gli sfoghi danno voce a una situazione incancrenita da anni: «In zona gialla riuscivano a riunirsi nell’area verde anche un centinaio di persone, dal pomeriggio alla sera. Dire che ci sentiamo abbandonati è poco, perché qui non cambia mai nulla».
Restano per terra il degrado e il senso di insicurezza nell’aria. Resta il fatto che quei giardini siano, di fatto, impraticabili per bambini e famiglie. Nonostante gli esposti e le raccolte di firme, le proteste e le iniziative messo in campo anche da privati. Un problema, quello delle cattive frequentazioni, che da via Gramsci si allarga a macchia d’olio fino a toccare e a coinvolgere via Cavour e via il primo tratto di corso Milano.
«Ogni tanto – proseguono – si vedono volti nuovi: settimana scorsa tra gli spacciatori abbiamo notato anche delle ragazze, giovani, con dei bambini al seguito. Alle problematiche di carattere sanitario, si aggiungono così anche quelle di ordine sociale».