Futuri medici specialisti, ma già operativi in reparto. È la novità del procedimento a cui Regione Lombardia sta lavorando da oramai due anni. «Si parte da gennaio con 2.000 specializzandi di quinto anno – annuncia Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare – si tratta di una legge del 2017 che era stata impugnata dal governo, ma la Corte Costituzionale ci ha dato ragione e quindi entra in vigore. La Lombardia, ancora una volta apre una strada che sarà seguita da altri».
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È la risposta Lombarda alla cronica carenza di medici specialisti: «Un errore di programmazione a livello nazionale – commenta l’assessore Gallera – una situazione che poteva essere evitata e che è causata essenzialmente dall’imbuto che si crea dopo i sei anni di studi in medicina. A fronte di diecimila laureati all’anno le borse di specialità disponibili erano, fino allo scorso anno, solo 6 mila. Adesso sono state aumentate ad 8 mila». Oltre all’imbuto formativo si aggiungono i limiti alle assunzioni imposte alle aziende socio sanitarie territoriali: «Anche adesso che la situazione si è un po’ sbloccata con il Decreto Calabria ci sono ospedali in piccole realtà che risultano poco appetibili e fanno fatica a reperire medici – prosegue Gallera – anche a fronte di contratti a tempo indeterminato. È una situazione che si sente probabilmente poco a Monza poiché il San Gerardo come ospedale universitario ha un certo appeal».
Di fronte alla carenza di medici si corre ai ripari perché l’insufficienza di specialisti nei reparti ospedalieri e nei poliambulatori pubblici si fa sentire ed è una delle cause dei tempi d’attesa sempre più lunghi. Se regioni come il Veneto hanno fatto notizia questa estate per la proposta di richiamare in servizio medici in pensione la Lombardia punta sui giovani: «Gli specializzandi al quarto e quinto anno sono ancora in formazione, ma hanno già raggiunto un buon grado di autonomia – prosegue Gallera – si tratta di circa 2mila persone che da gennaio potranno operare in modo più autonomo all’interno dei reparti ospedalieri e nelle sale operatorie».
Si procede per gradi: «Avranno un tutor che sarà il loro responsabile – prosegue l’assessore – a seconda del livello di autonomia e del tipo di intervento da svolgere dovrà essere al loro fianco, essere nelle vicinanze o semplicemente reperibile per un consulto prima di prendere una decisione». L’ingresso di nuovi specializzandi nei reparti non andrà a scapito dei medici in servizio: «Se l’organico di un reparto è di 11 medici tali resteranno anche in caso di pensionamenti- specifica Gallera- ma gli specializzandi si affiancheranno e, per la prima volta, sarà consentito agli specializzandi di quinto anno di accedere ai bandi di concorso a cui finora erano esclusi».
In prospettiva la legge prevede che siano le stesse aziende socio sanitarie a farsi carico dei costi degli specializzandi proponendo contratti a tempo determinato che potranno diventare a tempo indeterminato una volta acquisita la specializzazione. Resta però aperto il problema della carenza degli specialisti negli ambulatori pubblici di territorio: «La legge vale solo in ambito ospedaliero perché lo specializzando è in formazione e solo in un ospedale universitario può fare esperienza formativa – conclude Gallera – resta quindi ancora aperto il problema di riuscire ad avere tutti gli specialisti necessari nei poliambulatori del territorio».