«Crescere un figlio autistico è impegno e lotta continua»

2 aprile, la Giornata mondiale dell’autismo. Una mamma racconta al Cittadino il trauma della diagnosi, le difficoltà affrontate con la scuola e gli specialisti, la solidarietà incontrata.
Da sinistra, Pino, Edoardo e Dorina
Da sinistra, Pino, Edoardo e Dorina

Noi abbiamo la fortuna di possedere un buon reddito, altrimenti non so come avremmo fatto a sostenere tutte le spese”. Chi parla è Dorina Fumagalli, 50 anni, già infermiera professionale, e oggi casalinga a tempo pieno, ad Arcore. Con Pino Sorrentino, libero professionista condivide la vita. Insieme stanno crescendo Edoardo, 18 anni, giovane autistico. In linguaggio medico: soffre di un disturbo pervasivo dello sviluppo in forma grave. Non ha il linguaggio, e non può andare fuori casa da solo, anche se ha un fisico (e un appetito) da atleta.

E’ nato vivace e ha imparato a parlare. Poi a quindici mesi i primi strani segnali. “Quando lo chiamavi non si girava e tendeva a non guardarti più negli occhi. Abbiamo perso 8 – 9 mesi senza capire: credevamo fosse sordo. Anche il pediatra non capiva. Fino a quando, a un anno dal manifestarsi del tristi segnali –stava perdendo progressivamente il linguaggio, era molto agitato e aveva gesti bizzarri- un neuropsichiatra al quale ci rivolgemmo privatamente ci disse che Edo aveva “note di isolamento” fino alla diagnosi definitiva.

Aveva due anni, uniche strutture adeguate, allora, per lui erano abbastanza lontane: La nostra famiglia a Bosisio Parini e il centro del professore Enrico Micheli a Milano. “Ci siamo rivolti a Carate, ma la struttura ci poneva 6-8 mesi di attesa per la prima visita: un abisso. Ci siamo rivolti subito a privati, e siamo riusciti a recuperare lo sguardo di Edo nel giro di un mese”. Dorina ricorda il duplice brutto impatto con il problema della malattia. Il primo: l’impotenza come genitore. “L’autismo ti spiazza, perché va fuori dagli schemi: quando si interrompe la possibilità di relazione che fai?”.

La seconda, che rappresenta l’altra faccia dell’inadeguatezza, consiste nella (comprensibile) creduloneria: “E’ facile ricorrere a terapie definite da chi le propaganda “come metodi che assicurano la guarigione”. Ciò comporta un notevole esborso di denaro a scapito di metodologie scientificamente riconosciute più valide”.

Qualcosa però umanamente è cominciato a girare nel verso giusto abbastanza presto. “Abbiamo trovato uno specialista che ci disse che dovevamo guardare a Edo prima di tutto come a un bambino, che la malattia non veniva prima della sua dignità. Ha saputo accogliere e abbracciare il nostro dolore oltre a sostenerci come coppia e genitori, è stato l’unico servizio pubblico “. Così i due hanno potuto affrontare con più grinta le fatiche e avversità.Tutte le terapie ( psicomotricità ,le sedute per la terapia cognitivo-comportamentale, la comunicazione aumentativa) sono state fatte privatamente come del resto anche ora.

Con la scuola materna comincia l’impatto con la burocrazia,in questo caso il frequente cambio di insegnanti di sostegno e di educatori spesso impreparati,alla cui cosa si cerca di far fronte per il bene di Edo.Oggi, dopo maggior sensibilizzazione e l’offerta maggiore di corsi di aggiornamento per l’autismo le cose vanno un po’ meglio pur essendo l’organizzazione dei servizi scolastici statali sempre complessa.

”Il passaggio all’elementare fu un bello scoglio perchè consigliarono l’ingresso al Cse comunale delle elementari Filiberto di Vimercate che però era riservato ai residenti e noi arcoresi ne eravamo fuori. Cambiammo la residenza e Edo potè frequentare più serenamente la scuola. Oggi lo scoglio non c’è più perchè i comuni si sono accordati per aprire queste realtà” .

Poi ancora un altro scoglio: il passaggio alle medie. Il ragazzo proseguì l’età scolare col gruppo Ado, prosecuzione del Cse piccoli a Monza: “Fu un’esperienza molto complessa. Inevitabile passare dallo Stato, perchè se scegli le scuole private devi pagare tutta l’assistenza di tasca tua”. Dopo le medie Edoardo è approdato all’Iride, di Calò, un centro socio educativo dove c’è un educatore ogni cinque giovani, che imparano a svolgere lavori di abilità manuale, come l’assemblaggio e proseguono sul lavoro per le autonomie. Svolgono anche attività sportiva in una palestra attrezzata.

“Non potendo leggere e scrivere, abbiamo scelto un luogo dove possa muoversi e imparare qualche lavoro, sia pur semplice.” Il Comune sostiene economicamente l’esperienza di Calò eccetto il trasporto,

La socializzazione: due sabati al mese Edoardo, va a cascina San Vincenzo dove i volontari e un educatorecon altri ragazzi autistici, preparano cibi in cucina, o nel coltivano l’orto, o vanno in gita col cai locale o al cinema o in pizzeria.edo fa calcetto a Vedano e tennis al Circolo di Monza affiliato a Special olimpics. Una volta al mese esce anche con alcuni figli di amici .

Ma c’è un altro passo in avanti sul quale Dorina e Pino stanno riflettendo. Si tratta di un progetto sostenuto dalla banca Barclays per “ragazzi a basso funzionamento per la filiera produttiva”. Si tratta di coltivare dei prodotti della terra, lavorarli, confezionarli e poi distribuirli. Il progetto, che si svolgerà a Cascina Bianca in zona Opera a Milano, è sperimentale, dura tre anni e lo impegnerà per una o due giornate, il tutto preceduto da una preparazione teorica nella scuola di S Giusto zona San Siro.

Che giudizio dà Dorina su quanto fin qui vissuto?

“L’ambito statale è molto latitante: aumenta con l’aumentare dell’età del soggetto autistico. Esistono leggi e anche delibere regionali, ma restano sulla carta. Un esempio? Io vedo una volta l’anno l’assistente sociale del comune di Arcore per verificare insieme se l’esperienza di Calò funziona o meno. Un altro esempio? Sono stati tagliati i fondi della legge ex 164, i cosiddetti “sollievi”: non ci sono più soldi. In sostanza la famiglia deve avere tanta pazienza e tenacia per ottenere quello che le spetta. E ci vogliono comunque un sacco di soldi perché il figlio autistico abbia una vita ,perché no, piacevole!”.

E qui le cifre fanno impressione. Una gita invernale di una settimana, con la cooperativa Fabula di Milano, specializzata e con i quali Edo e la famiglia possono fare sonni tranquilli, costa 1400; una vacanza estiva di tre settimane sui 3300 euro. Ma questi sono tariffe standard perché la vacanza sia organizzata da personale adeguato.. La famiglia paga un educatore a domicilio per 6/8 ore settimanali. E il peggio deve ancora venire, nel senso letterale: il futuro. “Per il “dopo di noi”, in campo autistico Monza e Brianza non hanno alcuna struttura. In Lombardia esiste la fondazione Sospiro a Mantova, e realtà piccole a Cremona , Brescia e Lodi. Che fare? Dorina è decisa: “Non darsi mai per vinti, rimboccarsi le maniche con altre famiglie che hanno lo stesso bisogno e non cadere nell’isolamento”.