«Conosco la verità su Yara» Il racconto di un mitomane

Si è trattato dell’ennesima illusione per i familiari di Yara Gambirasio. La possibilità che il racconto di Domenico De Simone, ex collaboratore di giustizia residente a Bergamo, potessero essere rivelarsi utili agli inquirenti sono naufragate nel pomeriggio di ieri.
Yara Gambirasio
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Si è trattato dell’ennesima illusione per i familiari di Yara Gambirasio. La possibilità che il racconto di Domenico De Simone, ex collaboratore di giustizia residente a Bergamo, potessero essere rivelarsi utili agli inquirenti sono naufragate nel pomeriggio di ieri. L’uomo, dopo aver lasciato un messaggio in una chiesa di Rho trovato da Don Antonio Citterio, parroco di Meda, si è presentato nella redazione dell’ Eco di Bergamo raccontando di aver ascoltato un colloquio tra due persone che parlavano di una palestra e del fatto di non voler essere scoperte. E da qui è nato il malinteso. De Simone ha immaginato che quel colloquio a cui dice di aver assistito fosse legato al rapimento e all’uccisione di Yara Gambirasio. Le persone erano due donne, italiane, una di mezza età, l’altra giovanissima. «Erano sedute nella sala d’attesa del pronto soccorso al Policlinico di Ponte San Pietro». Una era ferita a una mano: «Ha detto alla sua amica: “Devi tornare alla palestra, perché dove è successo il fatto (una colluttazione, ndr) ho perso la collanina che ha anche le iniziali. Vai a verificare in palestra se la trovi e mi raccomando: non parlare con nessuno in palestra”». Ma poi si è scoperto che tutto risaliva a quattro o cinque giorni dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Yara: la ragazzina era stata rapina ed era morta da più di tre mesi. Domenico De Simone è stato prelevato dai poliziotti quando è uscito dal giornale: interrogato in Questura, è stato rilasciato nel pomeriggio di venerdì.