Uno scorcio d’anno caratterizzato da grandi novità, come la prima elettrificazione italiana della ferrovia sulla linea di Monza e la sostituzione dell’illuminazione pubblica con l’abbandono del gas, così come l’arrivo di un nuovo arciprete, continuavano a non mancare i fatti di sangue.
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Le cronache non sembrano troppo differenti da quelle che si osservano oggi nella famiglie che devono fare i conti con la tossicodipendenza di un figlio o quelle piegate dalla ludopatia. “Certo Fontana Pietro la sera di marte verso le 10 rincasato, pretendeva dal proprio padre che gli avesse a dare pochi centesimi per ritornarsi alla vicina osteria, dove lo attendevano ancora gli amici, a pagarvi la partita perduta”: esordiva così l’articolo in fondo alla prima colonna delle cronache della Rivista Monzese il 6 aprile di 120 anni fa, nell’anno di nascita del Cittadino, anzi, quando ormai mancavano soltanto quattro mesi alla nascita di questa testata, giornale che avrebbe preso il posto proprio della Rivista. Il titolo di pagina 3 era semplicemente “Fatto di sangue in via Merli” e l’incipit inquadrava la scena: popolare, una zona non meglio identificata (oggi non risulta più una via Merli in città), i conti quotidiani con la povertà e persino la fame e la considerazione che ogni centesimo andava speso con giudizio. Poi il vizio del gioco al bar. Con i soldi sul piatto.
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“Il padre non volle accontentarlo, anzi lo esortava a rimanere a casa. Il disgraziato figlio anziché arrendersi, montò sulle furie, e brandito un coltello feriva se stesso gravemente a un fianco”. L’articolo non chiarisce se si sia trattato di un gesto autolesionistico o di un incidente avuto in una eventuale colluttazione con il padre, ma annota che la polizia, arrivata sul posto, nel dubbio su come fossero andate esattamente le cose, arrestò il genitore come responsabile del ferimento dell’uomo. “Non essendo precisato il fatto, l’autorità di Ps credette prudente trarre in arresto il padre”. Ma il quadro familiare era ancora più desolante: “Una povera donna, la madre, ancora giacente a letto dopo un recente parto, e otto figli che piangono nella desolazione”.
Non si deve andare molto lontano per stare nello stesso quadro di miseria, fino al grottesco: nelle stesse pagine la Rivista raccontava un furto sacrilego di notte nella chiesa di San Biagio. Ma forse perché le monete raccolte erano poche, prima di fuggire i ladri usarono la chiesa come se fosse una latrina.