Carate, l’ex prof di latino di Tortu: «Un’ intelligenza vivace, molto sveglio, quelle figure che sanno stare nel gruppo e aiutarlo»

«Una particolare menzione al professor Ezio Picco, prof di educazione fisica, che ha saputo coltivare e valorizzare le sue doti -dice Cristiana Gavio- Sapevo di questo impegno con l’atletica leggera, che lo portava già allora a compiere dei sacrifici, non facili per un ragazzino di quell’età. Ma era mosso da una passione così forte»
Atletica Filippo Tortu - foto Colombo/Fidal
Atletica Filippo Tortu – foto Colombo/Fidal Chiara Pederzoli

«Questa volta ho sbraitato anch’io come una forsennata: Filippo mio alunno del corso di latino(temporibus illis), lanciato dal collega di educazione fisica. Un ragazzino simpatico e veloce fin da allora, con testa e cuore grandi e attenti : non è solo questione di gambe! E poi tantissimo lavoro, senza risparmiarsi. Sono strafelice per lui e per tutti noi. Una particolare menzione al professor Ezio Picco che ha saputo coltivare e valorizzare le sue doti».

Ha commentato così la strepitosa vittoria della staffetta azzurra a Tokyo 2020, sulla propria bacheca di Facebook, Cristiana Gavio, docente di Latino di Filippo Tortu. Era l’anno della terza media quando Filippo, studente delle scuole «Vescovi Valtorta e Colombo» di Carate Brianza, frequenta il corso pomeridiano tenuto, appunto, dalla professoressa Gavio.

«Il suo anno era stato un anno di grazia – ricorda la docente -. Tenevo il corso facoltativo al pomeriggio e Filippo era un alunno attento, di un’ intelligenza vivace, una bella testa, molto sveglio, quelle figure che sanno stare nel gruppo e aiutarlo. Ironico di un’ironia profonda. Un ragazzo molto spiritoso ma dentro a un’educazione forte, una presenza simpatica ma sempre sobria. Sapevo di questo impegno con l’atletica leggera, che lo portava già allora a compiere dei sacrifici, non facili per un ragazzino di quell’età. Ma era mosso da una passione così forte, come lui stesso mi disse, che le rinunce, le fatiche non gli pesavano affatto, una passione di famiglia, del padre e anche di suo fratello. Filippo era granitico nel suo impegno sportivo».

E di questo si accorse il suo professore di educazione fisica delle medie: «Certamente il professor Ezio Picco ha riconosciuto le sue doti e valorizzato il suo talento – ha proseguito Gavio -. Gli anni delle scuole medie sono decisivi nella crescita di una persona. Il professor Picco credo sia stato davvero importante per lui. Dietro la pratica sportiva costante, seria, impegnata e dietro ai successi e le vittorie ci sono anche le cadute. La bella scuola è quella che insegna a riconoscere e superare i momenti difficili e le proprie sconfitte. Credo che Filippo sia riuscito a fare anche questo. Dietro il suo slancio in avanti, in quella magica finale della 4×100, ho rivisto un gesto che era solito compiere quando correva, che a me evoca altro: lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Nello sport come l’atletica leggera riconosciamo dei lavori educativi condivisi. Oltre all’aspetto puramente sportivo, che di per sè è bellissimo, credo ci sia anche tutta un’aria che si respira a scuola come in famiglia. Andare a fondo delle proprie capacità e sapersi riprendere dopo una sconfitta è la storia di una scuola fatta bene. L’anno scorso, nei mesi più difficili della pandemia, ricordo di averlo visto sbucare da un sentiero vicino a casa, mentre mi recavo a una visita medica, abitando non lontano da Costa Lambro, dove vive Filippo. Correva in quel poco di spazio consentito dalle restrizioni, sbucava da un sentierino, quel che si poteva fare qui da noi».

Federica Vernò