Quattro rappresentati delle associazioni d’arma di Seregno: Gaetano Minerva Crolla (Carabinieri), Roberto Viganò (Alpini), Maurizio Salgarella (Bersaglieri), Fernando Marta (Autieri), hanno protocollato una lettera-richiesta in cui chiedono al sindaco Alberto Rossi, all’amministrazione comunale e ai componenti del consiglio comunale, nell’anno centenario della traslazione della salma del Milite Ignoto nel sacello dell’Altare della Patria, avvenuto il 4 novembre 1921, di concedere la “cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, perché fa parte della nostra città e della nostra storia”, e di intitolare al “Milite Ignoto” il giardino situato tra i largo degli Alpini e via fratelli Bandiera.
Nella lettera sottolineano che: “Nonostante sempre meno persone partecipino alla manifestazione della festa dell’Unità d’Italia e delle Forze armate il 4 novembre, noi associazioni d’arma, riteniamo che occorra riaccendere la fiamma dell’Amor patrio, il ricordo del sacrificio di tanti italiani per il nostro paese. Può sembrare anacronistico, fuori tempo ma, noi associazioni d’arma riteniamo che oggi più di ieri il “milite ignoto” rappresenti il sacrificio dei tanti italiani caduti per la Patria su tutti i fronti: da quello delle “missioni di pace” all’estero a quelli caduti in servizio contro la criminalità. Persone che sono morte in silenzio e vengono ricordate da pochi, veri italiani”.
Hanno anche ricordato che: “Fu mamma Maria Bergamas, a scegliere la salma tra le undici disposte nella basilica di Aquileia sperando che uno di questi corpi fosse quello del figlio. Dramma nel dramma. A Seregno ricordiamo uno dei fratelli Longoni, Antonio, di cui non sappiamo dove si trovi il corpo”.
L’orribile carneficina della prima guerra mondiale aveva impressionato l’intero paese e da lì era nata l’idea di ricordare, di commemorare tutti i soldati italiani caduti per la Patria con un simbolo forte che rendesse loro giustizia. Giulio Douhet si era occupato del progetto per dare “sommo onore al soldato italiano che tutto sopportò e tutto vinse anche le calunnie dei suoi condottieri che lo accusarono di viltà dopo la disfatta di Caporetto”.