Villa Raverio, frazione di Besana in Brianza con poco più di 1.200 abitanti, è il classico luogo in cui tutti si conoscono e dove, di solito, i sogni si coltivano tra le mura di casa e i campetti dell’oratorio. Quante possibilità ci sono che un ragazzo cresciuto su quei prati diventi uno dei grandi del calcio internazionale? Poche, forse pochissime. Eppure, è proprio lì che ha iniziato la sua avventura uno dei centrocampisti più raffinati della storia del Milan e della nazionale italiana: Demetrio Albertini. Quel campo da calcio a 7 dell’oratorio di Villa Raverio è stato il primo palcoscenico di un talento precoce, che ha poi indossato la maglia rossonera in uno dei periodi più gloriosi del club, diventando il “metronomo” del centrocampo del Milan di Arrigo Sacchi e Fabio Capello, e punto fermo dell’Italia per oltre un decennio. A lui è dedicata la nuova monografia prodotta da Vivo Azzurro TV, piattaforma della Figc che racconta le storie dei grandi protagonisti in maglia azzurra.
Demetrio Albertini: il rapporto con Arrigo Sacchi e Fabio Capello
Il titolo del documentario, “Una vita per il pallone”, racconta da solo l’essenza del percorso di Albertini, che a soli 10 anni compie il primo passo decisivo. A portarlo a un provino a Seregno è il padre Cesare, suo primo allenatore. Nonostante fosse una semplice selezione, Demetrio fu messo subito in campo come mezzala: segnò e impressionò. Da lì a pochi mesi, la chiamata del Milan e la firma del primo cartellino. «Dopo sei mesi mi ritrovai a firmare il mio primo cartellino con il Milan. Nei primi anni, allenandomi due-tre volte a settimana facevo avanti e indietro con mia madre prendendo autobus e treni. A 14 anni ho iniziato ad andare a Milano da solo e a 17 anni era il momento di trasferirmi in collegio per giocare con la Primavera, ma a settembre Sacchi mi disse che sarei stato aggregato alla prima squadra», ha raccontato. Sacchi fu l’allenatore che più di tutti segnò la sua formazione, ma anche Capello ebbe un ruolo chiave: «Mi ha messo in campo titolare a 20 anni in una delle squadre più forti del mondo». Con entrambi, Albertini ha conservato un rapporto di profonda stima anche dopo il ritiro.
Demetrio Albertini: le due sconfitte più amare
La sua carriera con la nazionale è stata lunga e intensa: 79 presenze, l’esordio a 20 anni il 21 dicembre 1991 in Italia-Cipro a Foggia, l’ultima il 27 marzo 2002 in amichevole contro l’Inghilterra a Leeds. Ha percorso tutte le tappe, dalle giovanili all’Under 21, fino alla maglia azzurra dei grandi, che ha vestito in tre Europei e due Mondiali. Indimenticabile, e per certi versi dolorosa, la finale dei Mondiali di Usa ’94 persa ai rigori contro il Brasile. Albertini fu tra i pochi a segnare dagli undici metri. Altra grande delusione, sei anni dopo, quella di Euro2000, sfuggita al golden gol di David Trezeguet in finale contro la Francia. «Sono state due sconfitte importanti -ha ammesso Albertini-, ma cerco sempre di guardare il lato positivo delle cose e anche solo essere arrivati in finale mi rende orgoglioso. Da dirigente ero invece presente al Mondiale del 2006». Albertini è stato molto più che un calciatore: è stato simbolo di serietà, visione di gioco e attaccamento alla maglia. A dimostrazione che anche da un piccolo paese della Brianza si può sognare in grande.