La passione per i libri e altre storie: le copertine di Nicola Magrin

Gli acquerelli di Nicola Magrin per le case editrici italiane e per i più grandi scrittori di ieri e di oggi: l’artista monzese racconta come tutto è nato (e come va avanti).
Alcune copertine
Alcune copertine

La maledizione dell’acquerello è che non si può sbagliare: ogni errore diventa carta straccia. La benedizione dell’acquerello è che bisogna saperlo fare, interpretare, raccontare: a ogni opera, un pezzo di vita. O una storia, come quelle che Nicola Magrin racconta da anni, da quanto si è innamorato di artisti come Pratt, Barcelò, Mirò poco più che studente a Brera.

Da allora di anni ne sono passati, ma lui, monzese, 1978, ha saputo tracciare la sua rotta artistica che una manciata di anni fa l’ha portato ad alzare il telefono, rispondere a numero sconosciuto e sentirsi dire: Nicola Magrin? Sì. Dall’altra parte della cornetta c’era Monica Aldi, ufficio iconografico di Einaudi, che aveva visto il materiale di una mostra del monzese. Tutto quello che è accaduto è successo a cascata: decine di copertine per l’editoria italiana, 35 per dire un numero, ma sono i nomi quelli che contano: Primo Levi, Tiziano Terzani, Jack London, Matteo Righetti, poi sì. Paolo Cognetti. Un caso letterario, capace di conquistarsi con “Le otto montagne” il successo nazionale e la garanzia della vendita del romanzo in 32 Paesi .

«Ha insistito lui perché dipingessi la copertina» racconta Magrin e così è stato per il monzese d’altura: l’artista ha costruito negli anni un suo immaginario inconfondibile fatto di vette e silenzi e nevi e passi. Ora quelle cime sono sulla copertina di un volume che è diventato un caso letterario prima nazionale e poi internazionale. «Con le gallerie ho chiuso» racconta dopo avere avuto esperienze importanti. Il suo problema non sono le gallerie, ma il sistema dell’arte. Che a una barba che chiede di “tornare a baita” come avrebbe fatto Mario Rigoni Stern dice che bisogna rimettersi a casa, trai ricordi, tra gli oggetti che dicono memoria, per raccontarsi un pezzo alla volta, anche conto terzi.

«Per me andare i n libreria significa scoprire un pezzo nuovo di storia, leggere i libri vuol dire trovare idee nuove» anche per trovare immaginari nuovi da descrivere. Lo dimostrano, per esempio, le copertine per Einaudi sui testi di Primo Levi, dove Magrin ha saputo individuare un alfabeto diverso per i racconti in acquerello.

Come quella foglia nel nulla del bianco, giusto un’ombra per dire che finirà là, dopo qualche altro volteggio: la leggerezza che ha saputo trovare per uno dei testi più crudi, cronachistici del testimone dei lager è una foglia che-si-sta-come-d’autunno capace di raccontare in pochi tratti la necessità di spiegare uno sprofondo di fragilità umana. «Un libro è quello che racconta ma anche la memoria dell’oggetto» racconta Magrin, che colleziona volumi. «Poi è un modo di trovare nuove idee, quando il tempo lo permette» .

E poi, ricorda citando Terzani, «la mostra è una scoreggia», mentre un libro è qualcosa che resta lì e chi ama i libri non può che non riconoscere il suo lavoro spiegato in orizzontale sulle pile della libreria. «Non ho venduto di più» taglia corto, «ma le copertine mi hanno dato una visibilità altrimenti impensabile. C’è Einaudi, poi sono arrivate Tea, Longanesi, case editrici in cui «il mio lavoro viene rispettato» in quanto lavoro di un artista e non di un grafico o di un illustratore. «Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi scrittori» ricorda ancora. E in un mondo che gioca facile – i grandi artisti storicizzati, le fotografie – lui è andato un po’ più in là, come con Terzani, quando è stato scelto dalla moglie Angela per illustrare le nuove edizioni. «Le fotografie di Terzani rischiavano di diventare un’icona in sé. Lei mi ha chiesto di fare altro. Ne è nato un rapporto splendido».