Falsificano la cartella della paziente morta per errori medici, tre condanne

Vittima, una 61enne di Lesmo. Pene da un anno e dieci mesi a 2 anni e otto mesi per medici e infermieri che all’epoca lavoravano alla Clinica Multimedica di Sesto San Giovanni.Altri tre rinvii a giudizio.
Falsificano la cartella della paziente morta per errori medici, tre condanne

Una sonda gastrica estratta in ritardo, che ha lacerato l’esofago della paziente, una 61enne originaria di Lesmo, provocandone il decesso e la sua cartella clinica parzialmente distrutta e falsificata per coprire gli errori medici commessi. Tre sentenze di condanna e ad altrettanti decreti di rinvio a giudizio, pronunciati mercoledì mattina in tribunale a Monza nei confronti di medici e infermieri, tra cui due brianzoli, operanti, all’epoca dei fatti contestati, presso la Clinica Multimedica di Sesto San Giovanni.

Omicidio colposo, falso, e “distruzione e occultamento di atti” le accuse. Il gup ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di un’anestesista di 52 anni, e di una infermiera di 44, che hanno scelto il rito abbreviato, a 2 anni e 8 mesi, e 1 anno e 10 mesi con la condizionale. Patteggiamento per un altro infermiere ventinovenne monzese (anche per questo, pena finale a 1 anni e 10 mesi, con sospensione condizionale). Stessa scelta processuale, quella del patteggiamento con pena sospesa, operata in precedenza da un’altra infermiera di 69 anni.

Processo ad aprile 2015, davanti al giudice Alessandro Rossato, per il medico che posizionò la sonda gastrica nel settembre 2010, per il chirurgo che operò la donna all’esofago, e per un’altra anestesista monzese di 40 anni, accusata di aver redatto un atto parzialmente falso entrato a far parte della cartella clinica. La posizione della professionista monzese, viene comunque definita a palazzo, come “marginale” nella vicenda.

Il ‘palloncino’ gastrico, era stato rimosso dopo 7 mesi e mezzo dal posizionamento dello stesso, dunque, secondo le accuse, oltre il termine di sei mesi che, secondo i protocolli medici, sarebbe il “tempo massimo di permanenza della protesi”. A far partire le indagini della procura, era stata la querela presentata del compagno e del figlio della donna, ai quali il tribunale ha riconosciuto un risarcimento provvisionale di 50mila euro l’uno.