Omicidio-suicidio di Giussano, lo psichiatra: «La violenza spesso è imprevedibile»

Il dottor Massimo Clerici, direttore di Psichiatria del San Gerardo di Monza, dopo l’omicidio-suicidio di Giussano: «Chi uccide non è detto sia malato». In via Negri un ragazzo di 28 anni ha ucciso mamma e nonna nel sonno e poi, dopo diverse ore, si è tolto la vita.
Evento Giussano mercoledì sera via Negri
Evento Giussano mercoledì sera via Negri Edoardo Terraneo

«Attenzione a non dire subito che chi compie tali atti ha problemi psichiatrici. Purtroppo casi simili recentemente sono frequenti, ma vanno analizzati con attenzione e cautela. Non esistono studi che indichino che gli atti di violenza siano più frequenti nei pazienti psichiatrici, rispetto al resto della popolazione».
A dirlo è Massimo Clerici, direttore di Psichiatria dell’ospedale San Gerardo di Monza. A pochi giorni dall’omicidio-suicidio di via Ada Negri a Giussano, il medico invita a non tirare facili conclusioni. La “colpa” non è, secondo Clerici, sempre dovuta a scompensi psichiatrici.

Dottor Clerici, si cerca subito una motivazione facile per questi eventi pensando alla “follia”. Realistico pensare a una malattia psichiatrica?
«No. Questi fatti deformano la percezione che si ha del malato psichiatrico e ne aumenta lo stigma. La condizioni che possono aver determinato l’omicidio-suicidio non si possono necessariamente prevedere. Spesso i magistrati ci chiedono se una persona che ha compiuto un atto come questo lo rifarà o avrà una evoluzione clinica. È difficile prevederlo. I motivi per cui una persona compie una violenza sono tanti. Ma non è necessario che abbia una patologia psichiatrica. Uno può essere aggressivo e non malato psichiatrico. Non tutto ciò che di brutto accade è di matrice psichiatrica.

I fatti di sangue in Brianza sembrano crescere, un caso o è possibile che ambiente e stress abbiano un ruolo?

È vero, ultimamente in Brianza non siamo messi bene, ma non ci sono particolari elementi di disagio che facciano pensare che tali violenze siano legate al contesto ambientale. Gli ultimi casi accaduti in Brianza sono tutti legati a motivazioni molto precise e personali. Gli ultimi dati del ministero dell’Interno, del 2014, dicono inoltre che gli omicidi sono in leggera ma costante diminuzione.

Cosa può spingere a uccidere e uccidersi?
Non è facile stabilirlo. Il dato unico e certo, anche a livello internazionale, è che chi fa uso di alcol o droga, che sia o no paziente psichiatrico, ha un rischio 4 volte superiore di incorrere in atti impulsivi e violenti rispetto a chi non ne fa uso. In Italia abbiamo leggi inaccettabili che lasciano libero l’uso delle droghe e dell’alcol, soprattutto nei più giovani. Non aumentano i casi di violenza in chi ha un disturbo mentale perché ci sono farmaci molto potenti che cercano di ridurre l’aggressività, poi però, se una persona si imbottisce di cocaina o droga, l’effetto dei medicinali viene ridotto. Uccidere e uccidersi sono fatti collegati. Dopo aver ucciso si può avvertire un senso di colpa insostenibile che porta a suicidarsi.

L’omicida sembra avesse molto sofferto per la perdita del padre, questo può aver influito sulla sua decisione di uccidere?
Gli eventi della vita sono scatenanti per tutti, malati psichiatrici e non, ma alla base dell’atto violento ci deve essere una spiegazione oggettiva: malattia o tendenza all’impulsività senza essere malati. L’atto violento può essere scatenato da tre situazioni: l’uso di droga e alcol, che è la più frequente; l’aggressività endogena e imprevedibili di persone che di base possono essere aggressive; la malattia mentale grave, ma ricordiamoci che solo l’1% della popolazione mondiale soffre di schizofrenia, il 10-12% di depressione, ma la depressione non sfocia in omicidio, se mai in suicidio.